Il gruppo di ricerca coordinato da Donato Zipeto, docente di Biologia molecolare del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’università di Verona, è il vincitore del premio Fellowship Program 2019 della Gilead, un finanziamento dedicato a progetti di natura scientifica, sociale e digitale che possano migliorare qualità della vita, assistenza terapeutica ed outcome dei pazienti affetti da patologie infettive. Il progetto premiato, dal titolo “Hiv-associated neurocognitive disorders: a clinical, virological and immunological approach to early definition of biomarkers” è finalizzato ad offrire un test di screening per diagnosticare i disturbi neurocognitivi associati all’infezione da Hiv attraverso biomarcatori clinici, virologici e immunologici. La premiazione avverrà a Milano il 15 ottobre.
Il gruppo di ricerca è composto da Donato Zipeto, Simona Mutascio e Chiara Stefani della sezione di Biologia e genetica e da Stefano Tamburin, Sergio Ferrari, Angela Federico ed Elisa Mantovani della sezione di Neurologia del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento, Davide Gibellini del dipartimento di Diagnostica e sanità pubblica, Massimiliano Lanzafame, Sebastiano Rizzardo ed Emanuela Lattuada, dell’Unità operativa complessa di Malattie infettive dell’ Azienda ospedaliera di Verona e Marina Malena dell’Unità semplice di Malattie infettive.
“Il progetto di ricerca”, spiega Zipeto, “si propone di definire uno strumento clinico di screening neuropsicologico con elevata sensibilità e specificità per la diagnosi di disordini neurocognitivi associati all’infezione da Hiv, Hiv-associated neurocognitive disorders, Hand, al fine di valutarne l’efficacia clinica. Questo aspetto è particolarmente importante, in quanto attualmente mancano criteri definitivi e un gold-standard per una valutazione neuropsicologica completa di Hand. Inoltre, il progetto si propone di esplorare se alcune specifiche varianti, implicate nel controllo dell’infezione da Hiv e nell’immunità cellulare, siano più frequenti in pazienti Hiv-positivi che sviluppano Hand rispetto a soggetti Hiv-positivi che non la sviluppano, rappresentando quindi un fattore di rischio genetico. L’obiettivo finale è definire un pannello combinato genetico e immunologico di biomarcatori e parametri virologici per stratificare il rischio di Hand e della sua progressione“. Questa informazione contribuirebbe a personalizzare la terapia antivirale nei pazienti con infezione da Hiv per ridurre il rischio di insorgenza e la progressione di disturbi neurologici.
I disturbi neurocognitivi associati ad Hiv, Hand, sono complicazioni dell’infezione da Hiv-1, responsabile dell’Aids. Attualmente, la prevalenza di disturbi cognitivi in soggetti Hiv-positivi, dalle forme più severe a quelle più lievi, raggiunge circa il 46%, percentuale che potrebbe ulteriormente aumentare nei prossimi anni, con l’invecchiamento della popolazione Hiv-positiva sotto trattamento. “I risultati dello studio potrebbero avere importanti implicazioni pratiche per un approccio medico personalizzato e per lo sviluppo di nuove terapie per prevenire la Hand” prosegue Zipeto. “Le infezioni virali, inoltre, possono rappresentare fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi neurodegenerativi. L’invecchiamento, ad esempio, è associato a un’infiammazione di basso grado nel cervello, nota come inflammaging. I meccanismi molecolari che collegano immunosenescenza, infiammazione e patogenesi dei disturbi neurodegenerativi, quali ad esempio la malattia Alzheimer e la malattia di Parkinson, sono in gran parte sconosciuti. I disturbi cognitivi legati all’infezione da Hiv condividono diverse caratteristiche patologiche con le malattie di Alzheimer e di Parkinson, e possono offrire utili suggerimenti sulla relazione tra infezioni virali, neuroinfiammazione e neurodegenerazione”.