Il senso del nostro agire è da cercarsi nell’opera di Shakespeare. La rassegna “Idem, idee di futuro” ha ospitato Massimo Cacciari, filosofo e politico veneziano che ha discusso con il pubblico veronese del problema della rappresentanza in “Amleto” di Shakespeare. L’incontro, che si è tenuto al polo Zanotto, è stato introdotto da Marianna Scapini, dottoranda dell’Università di Verona e intervallato da interventi musicali eseguiti da Federico Gianello al pianoforte.
Il problema della rappresentanza. Non è l’incertezza in “Amleto”, ma la rappresentanza nella stessa opera il tema sul quale Cacciari ha posto l'attenzione durante l’incontro. Ha sostenuto che nell'opera shakespeariana è contenuto il destino del politico moderno che si identifica nella rappresentanza. "Amleto" deve essere, secondo Cacciari, letto come un dramma storico, non esistenziale. Perché solo così si può cogliere il problema fulcro dell’incontro. “Cosa è chiamato a fare Amleto? – è la domanda che si pone Cacciari – è chiamato a rappresentare il padre è assente e Amleto deve rappresentarlo nonostante non voglia”.
Il teatro europeo. Massimo Cacciari poi ha dedotto che non volendo rappresentare, ma avendone l’obbligo, si finisce con il recitare. Anche Amleto perciò, da rappresentate, diventa attore. “ma se nessuno ti offre una parte da recitare?” – si è domandato il protagonista della conferenza. È questa l’origine del teatro europeo: si è consci di non avere una parte in questo mondo quindi non la si cerca più. Questo tipo di teatro è stato identificato da Cacciari come profano poiché è assolutamente politico, senza nessun Dio. Ha concluso che il dramma shakespearinao è dello stesso tipo: è totalmente politico.