L’università di Verona come la conosciamo oggi, con tutti i corsi, le aule, le metodologie della didattica, ha subito negli anni un percorso evolutivo soprattutto dal punto delle innovazioni tecnologiche. Per fissare precisamente il grande cambiamento in atto non solo nel mondo accademico ma dell’intera società bisogna tornare negli anni tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo.
Prime sperimentazioni. “A lezione di lingue restando seduti in casa…” recita la prima parte del titolo di un articolo andato in stampa su L’Arena. Niente di più normale verrebbe da pensare, collocando la data dell’articolo probabilmente al periodo in cui la pandemia di Covid-19 ha costretto migliaia di studenti a “frequentare” corsi a distanza. Se si va a leggere anche la seconda parte del titolo di quell’articolo – volutamente tagliata in precedenza – allora comincia a sorgere qualche dubbio in merito alla datazione. Si legge infatti: “…basta avere il computer”. Facile pensare che, nel 2020 o nel 2021, sottolineare la necessità di avere un computer per seguire una lezione a distanza fosse del tutto superfluo. La spiegazione sta proprio nel periodo in cui questo articolo è stato scritto: era il 5 novembre 2000. Quell’anno l’ateneo veronese compiva i primi 18 anni. I tempi, infatti, erano abbastanza maturi per sperimentare nuove forme tecnologiche al servizio di personale e comunità studentesca, ma non abbastanza perché tutti gli iscritti avessero a disposizione un personal computer. Si entrava, dunque, non solo nel nuovo millennio ma anche in una fase pionieristica di utilizzo di sistemi informatici a supporto della didattica. In particolare, è stato il Cla, il Centro linguistico di ateneo, a sperimentare per primo, non solo nella nostra università, ma addirittura su scala nazionale il cosiddetto Progetto Webclass, finalizzato all’insegnamento a distanza delle lingue. Erano i primi tentativi di informatizzazione dei sistemi tradizionali e nell’ambiente si percepiva soddisfazione, come si può intuire dalle parole dell’allora direttore del Cla e docente di Lingua inglese Cesare Gagliardi che orgogliosamente affermava: “Ci vantiamo di aver attirato tanti ricercatori che non trovavano più spazio nella didattica tradizionale.”
È giusto ricordare che anche il Cla, in quel primo scorcio di ventunesimo secolo, era una realtà relativamente giovane essendo nato appena sei anni prima, nel 1994. Esperimenti oggi diventati normalità le cui radici di queste vanno fatte affondare alcuni anni prima.
Parole in rete. Un passo indietro di tre anni e si arriva al 1997 quando Marco Cerpelloni scrive nella prima colonna del suo articolo sul numero del 25 marzo de L’Arena: “Avere l’ufficio della propria facoltà direttamente a casa”. Una frase che voleva essere esplicativa del servizio che, di lì a poco, sarebbe stato a disposizione di tutti gli iscritti e le iscritte all’ateneo scaligero. Scontata per noi, era necessario spiegarlo 23 anni fa perché rappresentava una novità assoluta. Non a caso, proprio a lato di quest’articolo compariva uno specchietto contenente alcuni dei termini “nuovi” che stavano per entrare a far parte del lessico quotidiano non solo degli studenti ma di tutti. Nel Glossario per la grande rete leggiamo infatti che il server è il computer che gestisce le condivisioni sulla rete di vari elementi locali, che l’Http è il codice di identificazione di indirizzi Web server e altre voci ancora. Era un tentativo di prima alfabetizzazione al linguaggio dell’informatica. “Persino iscriversi agli esami”, si legge. Sì, perché prima dell’avvento della rete questa era una procedura rudimentale e da svolgersi in presenza. Nessun sistema di prenotazione online o a distanza. Tutto appariva come una novità assoluta, anche la connessione a internet. Uno dei servizi per il collegamento alla rete era, come riportato in quell’articolo, la modalità tp/A01 che introduceva, sì, una novità nella routine di ogni studente accademico ma aveva anche delle limitazioni: si poteva navigare solo dalle 18 alle 9 dei giorni feriali e tutto questo aveva anche un costo annuo di 232 mila lire per ogni studente, una cifra intorno ai 120 euro. Anacronistico se paragonato all’abbattimento dei costi attuale che permette ogni giorno l’utilizzo di internet anche da smartphone con abbonamenti dalle cifre irrisorie, se confrontate con quelle di ventisei anni fa.
Teledidattica. Un altro specchietto illustrativo con Le parole di internet fa da cornice all’articolo del 6 luglio 2000, ricordandoci ancora una volta come in quegli anni si stesse assistendo a una rivoluzione. L’Adsl, il multimediale, lo streaming erano termini ancora sconosciuti ai più. L’articolo de L’Arena dal titolo La laurea? La trovi <<on line>> a firma di Maurizio Corte, anche docente di Pedagogia generale e sociale all’università di Verona, rende conto di un ateneo fortemente impegnato a compiere quel salto tecnologico che sembrava inevitabile e, soprattutto, necessario. Parola d’ordine era teledidattica: offrire l’opportunità agli studenti di seguire le lezioni anche da sedi dell’università diverse da quelle in cui si stava tenendo fisicamente la lezione. C’era una forte volontà di connessione tra le varie sedi dell’ateneo scaligero grazie alla banda larga che, tra le altre cose, doveva anche implementare un canale di collaborazione diretto con le vicine università di Padova e Trento. L’allora rettore Elio Mosele aveva incaricato il professor Franco Fummi, già docente di Informatica, per la ristrutturazione del piano informatico. Intervistato da Corte, Mosele rivelò alcune novità in arrivo per tutta la comunità studentesca preannunciando importanti novità che avrebbero cambiato l’esperienza in rete di ciascun studente dell’università di Verona: un portale con tutti i servizi legati all’università – un antenato della sezione MyUnivr – e una mail istituzionale a ciascuno. Sì, perché anche avere una mail istituzionale personale 23 anni fa circa non era qualcosa da poter dare per scontato.
Ciao carta, ciao! Nei primi anni Duemila il fermento era palpabile e la voglia di trarre il meglio dalle innovazioni tecnologiche ora, finalmente, a disposizione di tutti era tanta. Lo dimostrò la scelta del Consiglio studenti, l’organo di rappresentanza di tutta la comunità studentesca, che decise di dotarsi di un sito internet per tenere aggiornati gli interessati su tutte le iniziative anche per contrastare il problema della scarsa affluenza alle urne in occasione delle elezioni per eleggere i rappresentanti. L’articolo de L’Arena che ha documentato questa novità è datato 1 luglio 2001 e riporta le parole dell’allora rappresentante Pierpaolo Bettoni: “Il Consiglio ha spazi fisici, come aule, telefoni e fax, ma non dispone di uno strumento moderno per sviluppare i progetti. Molte iniziative sponsorizzate dal Consiglio infatti non vengono conosciute, se non predisponiamo qualche volantino. Adesso che abbiamo il sito, in funzione da luglio, possiamo lanciare anche delle idee…”. Tante idee al vaglio dell’allora nascente indirizzo www.univr.it/constud – oggi non più attivo ma integrato all’interno del sito principale dell’università – ma al centro c’era sempre quel proposito fondamentale di creare una comunità, uno spazio virtuale di condivisione: “Potremo inoltre instaurare forum di discussione su temi universitari, creare una piccola comunità, gestire una serie di servizi come la ricerca degli alloggi, dei testi, degli appunti, dei compagni di viaggio per suddividere le spese”. Condivisione. E ancora condivisione. In fondo è nato proprio per questo internet. È lo stesso principio ispiratore anche di tutte quelle bacheche e portali elettronici che negli anni seguenti spuntarono con varie dichiarazioni di intenti. Un esempio è la bacheca elettronica di cui si ha notizia su L’Arena del 26 ottobre 2001, nata quasi come una scommessa al bar per “lanciare un progetto di comunicazione”. Doveva essere un modo per raggruppare una serie di servizi utili agli studenti per gli appunti, i testi d’esame, un forum per scambiarsi informazioni sulla vita universitaria. È curioso che l’url all’home page sia ancora cliccabile e appaia nella forma classica di un sito degli anni 90. Per chi volesse lasciarsi andare a un attacco nostalgico o, più semplicemente, volesse dare un’occhiata questo è il link: http://www.bachecaunivr.it.
A ognuno il suo. Il mondo di internet ci ha abituato a rapidi cambiamenti e continue evoluzioni di tendenza, con novità quasi all’ordine del giorno. Seppur con le dovute differenze, anche l’intero mondo accademico non impiegò molto ad assimilare le novità introdotte a inizio millennio. Nel giro di qualche anno l’utilizzo di internet raggiunse un livello superiore, affermandosi come strumento prezioso per la didattica e non solo. Ma, fiutate le sue potenzialità, si voleva ottenere di più. Sempre di più. Il 21 marzo 2002, ancora una volta Maurizio Corte, riportò su L’Arena le parole di Franco Fummi, delegato del rettore per i servizi informatici: “L’attuale sito internet non è più adeguato alle nostre esigenze.” Ci si stava per avviare verso un altro cambiamento di cui possiamo vedere i risultati ancora oggi. Ogni facoltà e ogni dipartimento, uniti a tre biblioteche, stavano per avere un proprio sito. Questo significava anche una nuova grafica e un nuovo modo di caricare i contenuti, che fosse accessibile a tutti i docenti e non appannaggio dei soli informatici. Le novità riguardavano anche gli studenti. “I software di gestione della carriera degli studenti vengono aggiornati al nuovo ordinamento degli studi. Grazie al nuovo sistema, lo studente potrà verificare in ogni momento il suo curriculum e lo stato di avanzamento degli studi, senza bisogno di certificati.” Infine, un altro elemento distintivo di quel periodo, la spiegazione di cosa fossero un account e una password, vocaboli nuovi, oggi alla base di qualsiasi iscrizione online, definiti così: “un nome assegnato e una parola d’ordine da digitare sul computer, ndr”.
Le cassette video. 7 ottobre 2002 Corte scriveva su L’Arena di quel giorno raccontava di continua implementazione da parte dell’ateneo scaligero di nuove modalità di didattica che potessero venire incontro anche alle esigenze di tempo degli studenti. Il concetto di teledidattica stava per cambiare in quel periodo, arricchendosi di un ulteriore significato che oggi diamo per assodato. Non solo lezioni sincrone ma anche asincrone. Se oggi con la piattaforma Panopto recuperiamo la lezione persa con pochi semplici passaggi online, ventuno anni fa si sperimentava una prima fase delle lezioni on demand. La modalità più “comoda” per realizzare era quella della registrazione su cassette video, che gli studenti potevano richiedere e mettersi al passo delle lezioni. Le virgolette sono d’obbligo perché a pensarci oggi le video cassette sono un cimelio da museo e, sicuramente, poco comode nemmeno persino per un film, figuriamoci per una lezione da sbobinare.
Ci si stava avvicinando alla modernità, passo a passo. C’erano le idee, con gli anni sono arrivati anche gli strumenti.
Termini desueti, specchietti illustrativi del nuovo lessico della rete, parentesi nei testi degli articoli che indicano il prezzo in vecchie lire, fanno quasi sorridere oggi ma sono un segno indelebile di come non solo l’università, ma l’intera società, stessero per cambiare definitivamente le proprie abitudini non solo nel linguaggio ma, soprattutto, nelle azioni quotidiane.
Emanuele Zanardi, tirocinante Agenzia di stampa Univerona news