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Un commento al premio Nobel 2022 alla Medicina Svante Pääbo

L'editoriale di Massimo Delledonne, docente di Genetica nel dipartimento di Biotecnologie

di Roberta Dini
12 Ottobre 2022
in Ricerca e innovazione

Il premio Nobel 2022 per la medicina è stato assegnato al genetista svedese Svante Pääbo per le sue le sue ricerche sul genoma di Neanderthal e sulla storia evolutiva dell’Homo sapiens.

Sapevamo che l’uomo anatomicamente moderno, l’Homo sapiens, è apparso per la prima volta in Africa circa 300.000 anni fa mentre i nostri parenti più stretti, i Neanderthal, si sono sviluppati al di fuori dell’Africa e hanno popolato l’Europa e l’Asia occidentale da circa 400.000 anni fino a 30.000 anni fa, quando si estinsero. Circa 70.000 anni fa, gruppi di Homo sapiens migrarono dall’Africa al Medio Oriente e, da lì, si diffusero nel resto del mondo. Homo sapiens e Neanderthal hanno quindi convissuto in gran parte dell’Eurasia per decine di migliaia di anni. Ma cosa sappiamo della nostra relazione con i Neanderthal?

Pääbo ha preso atto che con il passare del tempo, il Dna si modifica chimicamente e si degrada in frammenti molto corti, e ciò che rimane è comunque fortemente contaminato dal Dna di batteri e di umani contemporanei. Durante il suo post-doc nel laboratorio di Allan Wilson, un pioniere nel campo della biologia evolutiva, Pääbo iniziò a sviluppare metodi per studiare il Dna dei Neanderthal, un’impresa durata diversi decenni fino a quando decise di concentrarsi sul Dna mitocondriale. Il genoma dei mitocondri è piccolo e contiene solo una frazione dell’informazione genetica nella cellula, ma è presente in migliaia di copie e quindi rende più agevole la sua lettura. Con i suoi metodi raffinati, Pääbo riuscì nell’impresa di sequenziare una regione di Dna mitocondriale da un frammento di osso di 40.000 anni dimostrando che i Neanderthal erano geneticamente distinti dall’Homo sapiens.

Poiché le analisi del piccolo genoma mitocondriale fornivano solo informazioni limitate, Pääbo affrontò l’enorme sfida di sequenziare il genoma nucleare di Neanderthal. In quel periodo, gli fu offerta la possibilità di fondare un Max Planck Institute a Lipsia, in Germania e nel nuovo istituto, Pääbo e il suo team sfruttarono le nuove tecnologie di sequenziamento del Dna. Assieme a collaboratori esperti in genetica delle popolazioni ed analisi bioinformatiche compì un’impresa apparentemente impossibile, ovvero la lettura dell’intero genoma di Neanderthal, dimostrando che il più recente antenato comune di Neanderthal e Homo sapiens visse circa 800.000 anni fa.

Pääbo e i suoi colleghi poi studiarono la relazione tra i Neanderthal e gli esseri umani moderni provenienti da diverse parti del mondo dimostrando che le sequenze di Dna dei Neanderthal sono più simili a quelle degli umani contemporanei originari dell’Europa o dell’Asia che a quelle degli umani contemporanei originari dell’Africa. Ciò significa che, durante i loro millenni di convivenza, circa 60.000 anni fa Neanderthal e Homo sapiens si accoppiarono. Negli esseri umani moderni con discendenza europea o asiatica, circa l’1-4% del genoma proviene infatti dai Neanderthal.

Quando poi nella grotta di Denisova, nella parte meridionale della Siberia, fu scoperto un frammento di un osso di un dito di oltre 40.000 anni fa, Pääbo volle analizzarlo. L’osso conteneva Dna eccezionalmente ben conservato, che il team di Pääbo riuscì a sequenziare. I risultati fecero scalpore: quel Dna era infatti diverso da tutti quelli conosciuti. Pääbo aveva scoperto un nuovo ominide a cui venne dato il nome di uomo di Denisova. Il confronto con sequenze di Dna di esseri umani moderni provenienti da diverse parti del mondo dimostrò che anche i Dna di Denisova e Homo sapiens si erano mescolati. Questa relazione fu osservata per la prima volta nelle popolazioni della Melanesia e di altre parti del sud-est asiatico, dove le persone portano fino al 6% di Dna Denisova. Le scoperte di Pääbo hanno pertanto generato una nuova comprensione della nostra storia evolutiva. All’epoca in cui l’Homo sapiens migrò fuori dall’Africa, almeno due popolazioni di ominidi ora estinte abitavano l’Eurasia. I Neanderthal vivevano nell’Eurasia occidentale, mentre i Denisova popolavano le parti orientali del continente. Durante l’espansione al di fuori dell’Africa e la loro migrazione verso est, gli Homo sapiens non solo incontrarono e si accoppiarono con i Neanderthal, ma anche con i Denisova.

Attraverso la sua ricerca rivoluzionaria, Svante Pääbo ha stabilito una disciplina scientifica nuova, la paleogenomica. Grazie alle sue scoperte, ora comprendiamo che le sequenze genetiche arcaiche dei nostri parenti estinti influenzano la fisiologia degli esseri umani di oggi. Uno di questi esempi è la versione denisoviana del gene Epas1, che conferisce un vantaggio per la sopravvivenza in alta quota ed è comune tra i tibetani. Altri esempi sono i geni di Neanderthal che influenzano la nostra risposta immunitaria a diversi tipi di infezioni. Tuttavia, queste stesse caratteristiche possono esserci state trasmesse nel corso dei millenni senza sapere che oggi avrebbero potuto arrecarci un serio danno. Quando il “Covid-19 Host Genetics Consortium” per lo studio del virus Sars-CoV-2 ha identificato una regione del cromosoma 3 associata al Covid-grave, Pääbo si rese conto che questa regione era stata ereditata più di 50.000 anni fa dal Neanderthal. “Ora che siamo di fronte ad un nuovo coronavirus questi geni di Neanderthal hanno tragiche conseguenze” disse nei giorni successivi alla scoperta.

Le differenze genetiche tra Homo sapiens ed i nostri parenti estinti più stretti erano sconosciute fino a quando non furono identificate attraverso il lavoro seminale di Pääbo. La sua intensa ricerca si concentra ora sull’analisi delle implicazioni funzionali di queste differenze con l’obiettivo finale di spiegare ciò che ci rende unicamente umani.

 

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