“Credo che il senso di abbandono che sentiamo nei confronti dell’Unione europea sia il senso di ignoranza di quello che l’Unione europea può fare o meno per noi”. Con queste parole Maria Caterina Baruffi ordinario di Diritto internazionale di ateneo sottolinea l’importanza della partecipare alle elezioni del prossimo 25 maggio. Secondo i dati del sondaggio dell'Eurobarometro commissionato dal Parlamento europeo in vista delle elezioni europee del 2014, l'affluenza alle elezioni europee è diminuita di quasi 19 punti percentuali nel corso di 30 anni passando dal 61,99% nel 1979 al 43% nel 2009. In aumento di quasi 27 punti percentuali il tasso di astensione passato dal 30,08% al 57%. Uno scenario che preoccupa gli addetti ai lavori alla vigilia della chiamata elettorale del prossimo 25 maggio anche data l’importanza delle elezioni del 2014, le prime dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Abbiamo fatto il punto con la professoressa Baruffi, direttore del Centro di documentazione europea di ateneo, nato per volontà dellaCommissione europea, fiore all’occhiello e capofila nazionale di tutti i 50 analoghi centri europei presenti nelle università e nei centri di ricerca.
Professoressa, perché i cittadini dovrebbero partecipare al prossimo appuntamento elettorale con l’Europa?
Le elezioni del Parlamento europeo sono lo strumento di partecipazione alla vita democratica dell’Ue e il risultato avrà conseguenze dirette sulla vita quotidiana dei cittadini. A seguito delle novità introdotte dal Trattato di Lisbona, infatti, il Parlamento europeo elegge il presidente della Commissione europea su proposta del Consiglio europeo che tiene conto dei risultati delle elezioni. Questo significa che la scelta del candidato a presidente che succederà a Barroso nell’autunno 2014 avverrà alla luce della maggioranza politica formatasi in Parlamento. In questo modo, subito dopo le elezioni, conosceremo l’orientamento politico dell’Ue. Inoltre, il trattato ha potenziato il ruolo e i poteri del parlamento sia per quanto riguarda la legislazione sia in materia di bilancio. Sono aumentati anche i poteri di controllo politico del Parlamento sulle altre istituzioni che può, per esempio, presentare mozione di censura nei confronti della Commissione.
Il proliferare e l’aumento del peso di rappresentanza di movimenti antieuropeisti nel vecchio continente testimoniano una disaffezione all’Unione. Dal suo punto di vista quali sono le ragioni di queste dinamiche?
Io credo che il senso di abbandono che sentiamo nei confronti dell’Unione europea sia il senso di ignoranza di quello che l’Unione europea può fare o meno per noi. La disattenzione verso l’Unione è in crescita. Lo confermano i dati. Aumenta perché i cittadini vedono l’Unione europea sempre più lontana e la vivono come un elemento negativo. Di Europa si parla ancora troppo poco e quando se ne parla si tratta l’argomento con superficialità. La responsabilità è anche dei candidati alla rappresentanza politica del nostro Paese che spesso utilizzano la campagna europea a favore della campagna elettorale nazionale. Invece mai come oggi è necessario superare i confini nazionali, dobbiamo guardare a un sistema globalizzato e imparare a sfruttare al massimo le opportunità che l’Unione offre e in cui spesso l’Italia non investe. Dall’Europa possiamo trarre notevoli benefici, non solo economici, ma anche garanzie e diritti che ci riguardano da vicino. Ecco perché andare a votare è di fondamentale importanza. Prendiamo ad esempio il Fiscal compact di cui si è parlato solo male e che è in realtà più di uno strumento, un vero e proprio trattato internazionale sottoscritto da alcuni stati dell’eurozona perché l’Europa abbia una politica fiscale senza la quale una politica monetaria non può esistere. Eppure abbiamo assistito a ritrosie degli Stati che hanno voluto mantenere l’esclusiva su questa competenza con il conseguente scatenarsi di crisi nazionali e internazionali. Nessuno di noi ha dimenticato né dimenticherà l’identità nazionale che non si potrà mai sopprimere in un continente i cui Paesi membri vantano una storia secolare.
Qual è per l’università di Verona il valore aggiunto di essere un ateneo europeo?
La ricaduta delle politiche europee sul nostro ateneo è molto forte. Dal VII Programma quadro, al Programma Quadro per la competitività e l'innovazione fino al Fondo sociale europeo che funziona attraverso la Regione Veneto, l’Unione finanzia una fetta importante della mobilità internazionale per studenti, docenti e ricercatori e i progetti di ricerca più meritori. Grazie anche al nuovo programma Horizon 2020, il sistema di finanziamento integrato destinato alle attività di ricerca per 70,2 miliardi di euro, oggi l’Europa consente anche al nostro ateneo, all’avanguardia sotto il profilo dell’ottenimento dei fondi, di fare progetti di livello internazionale e in collaborazione con importanti enti e centri di ricerca del mondo. All’innovazione che la ricerca produce, si affianca una ricaduta generalizzata sulla società che ci consente di formare giovani che terremo nel nostro Paese e permette ai nostri gruppi e centri di partecipare a progetti internazionali mettendo in gioco risorse umane e strumentali dell’ateneo.
Che consiglio vuole dare ai nostri lettori che desiderano andare alle urne per scegliere il candidato che meglio di ogni altro li rappresenti?
Informarsi è un diritto e un dovere di ciascun cittadino. Dai quotidiani locali agli incontri che già si susseguono nelle nostre città, ciascuno può farsi un’opinione. Il mio consiglio è di partecipare a questi appuntamenti e fare domande per sapere cosa i nostri rappresentanti andranno a fare in Parlamento, per l’Europa, quindi, per il nostro Paese: quando e ogni quanto tempo verranno a riferire quello che stanno facendo; a quale partito politico vorranno aderire e il perché di questa scelta; quale sarà il rapporto con la Commissione e quale il raccordo con i cittadini di cui sono rappresentanti nel Parlamento europeo.
23.05.2014