Un’Europa di rivoluzioni, di sogni e collettività, ma anche di contraddizioni, quella che è emersa dalla conferenza organizzata lunedì 12 maggio nella loggia di Fra Giocondo in occasione della presentazione del libro “La notte ucraina: storie da una rivoluzione” pubblicata da Castelvecchi Editore. Una conferenza nata dalla collaborazione tra il Centro di studi politici Hannah Arendt dell’università di Verona e del Comune di Verona, nell’ambito del festival “VeronaÈuropa”. Tra i relatori, Olivia Guaraldo, docente di Filosofia Politica Univr, delegata del rettore al Public engagement e direttrice del Centro Studi politici Hannah Arendt, Giacomo Mormino, docente di Filosofia morale dell’università scaligera e Adriano Sofri, giornalista e scrittore.
Il volume presentato è l’unica traduzione italiana del saggio narrativo della storica e scrittrice americana Marcy Shore The Ukrainian Night: An Intimate Story of Revolution, pubblicato nel 2017. Tema del libro è la rivoluzione ucraina del 2013-2014, nota come Euromaidan, raccontata attraverso le storie di attivisti, intellettuali, studenti e cittadini comuni che hanno partecipato alle proteste.
Ad aprire la conferenza e portare i saluti istituzionali è stato Giacomo Cona, consigliere comunale delegato alle Politiche europee, che ha sottolineato la rilevanza dei temi trattati e ricordato l’inserimento dell’appuntamento nel programma della terza edizione del festival europeo di Verona, VeronaÈuropa: Dalle città al Mondo.
A seguito poi gli interventi di Giacomo Mormino, e Olivia Guaraldo, autore e autrice rispettivamente della post fazione e della prefazione e traduzione del volume, che hanno spiegato i motivi dietro alla scelta e alla traduzione dell’opera. “Mi sono offerta come traduttrice gratuita – ha spiegato Guaraldo – perché nel dibattito italiano, sulla questione ucraina, pur essendo presenti riferimenti en passant a un colpo di stato, non ero riuscita a trovare nessun testo che offrisse gli strumenti adatti per comprendere cosa fosse successo negli anni 2013/2014 in Ucraina. Inoltre – ha aggiunto – la cornice arendtiana e il racconto del libro di una non progettabilità e imprevedibilità della rivoluzione sono elementi che mi interessano molto in quanto studiosa di Hannah Arendt”.
Ha poi commentato il libro Adriano Sofri, giornalista, scrittore ed opinionista specializzato in ambito storico-politico. “Questo libro è stato pubblicato nel 2017, molto prima dell’invasione russa del 24 febbraio 2022. È fondamentale per tutto quello che racconta della storia intima della rivoluzione, ma è anche molto utile per vedere a che punto erano arrivati alcuni dei problemi che hanno riguardato l’evoluzione dell’Ucraina dopo l’Euromaidan. Per esempio, la questione della lingua, del destino del russo, la distruzione dei monumenti e la questione della toponomastica: in generale la questione del nazionalismo ucraino”. Sofri ha inoltre ricordato come la rivoluzione ucraina, e la recente aggressione russa non siano di certo un unicum nella storia dell’Europa, facendo riferimento alla rivoluzione ungherese del 1956, toccata anche nella prefazione del libro, e a due ‘prove generali’ di ciò che è successo tra Russia e Ucraina: “La prima guerra di Cecenia, chiamata dai russi ‘operazione di polizia antiterrorismo’, che ha visto la sconfitta sul campo dell’impero russo ad opera di uno territorio abitato da poco più di un milione di abitanti, e la Ex-Jugoslavia, su uno scacchiere ridotto e periferico, quasi dimenticato dall’opinione pubblica occidentale. Questi sono gli antefatti di quello che sarebbe successo nel ‘ventre molle dell’Europa’, l’unico luogo del continente Europeo in cui la nozione di Europa aveva senso”.
Citando Milan Kundera, Sofri ha osservato come l’idea di Europa sia più forte e fondamentale proprio laddove i diritti e i valori che vi stanno alla base vengono a mancare o sono minacciati «L’Europa eravamo noi, che non potevamo esistere, eravamo prigionieri e privati di ogni libertà; mentre voi eravate liberi in Europa, non avevate idea di cosa fosse l’Europa, perché l’Europa era nei nostri occhi».
Margherita Centri, tirocinante Univerona news