Anche i neonati prematuri in Terapia Intensiva Neonatale sanno interagire in modo coordinato con i genitori

Pubblicata sulla rivista Developmental Psychology la ricerca coordinata da Manuela Lavelli dell’università di Verona

Solo poche ricerche hanno dimostrato che i neonati, fin dalla nascita, sono in grado di interagire in modo coordinato (secondo-per-secondo) con un adulto attento e affettuoso. Un nuovo studio, coordinato dall’università di Verona, è il primo a dimostrare che questa competenza è presente anche nei neonati pretermine in Terapia Intensiva Neonatale. E se i neonati prematuri, che sono neurologicamente immaturi, possono partecipare ad interazioni coordinate con un genitore significa che la capacità di coordinazione interpersonale è una capacità innata, che neanche la prematurità può compromettere.

I risultati di questo studio dal titolo “Preterm infant contingent communication in the
Neonatal Intensive Care Unit with mothers versus fathers” sono stati da poco pubblicati
sulla rivista scientifica Developmental Psychology e contribuiscono all’avanzamento
delle conoscenze nelle teorie dello sviluppo.

La ricerca è stata coordinata da Manuela Lavelli, docente di Psicologia dello sviluppo e
dell’educazione del dipartimento di Scienze umane dell’ateneo veronese con la
collaborazione di Alberto Stefana, dottore di ricerca dell’ateneo e oggi assegnista di
ricerca all’università di Brescia. Il lavoro è stato realizzato con la Columbia University
medical center di New York e con il Nathan Kline Institute di Orangebur ed è stato
finanziato dall’università di Verona attraverso i bandi Cooperint 2016-2018, una
borsa di dottorato, e dal Bernard & Esther Infant Research Fund.

La ricerca ha coinvolto 20 neonati pretermine in incubatrice in Terapia intensiva neonatale
(Borgo Roma), videoregistrati in interazione faccia-a-faccia sia con la madre che con il padre quando avevano 35 settimane. I filmati sono stati codificati secondo- per- secondo e la contingenza, ovvero il coordinamento tra il comportamento del neonato e quello immediatamente precedente del genitore e viceversa, è stata valutata con modelli di serie temporali multilivello.

“I risultati – commenta Lavelli – mostrano che durante la comunicazione faccia-a-faccia
spontanea tra genitore e neonato pretermine sdraiato nell’incubatrice, i neonati hanno
interagito in modo contingente con le madri, ma non con i padri, mantenendo uno stato di
veglia con lo sguardo rivolto al volto del genitore soprattutto quando le madri parlavano
loro affettuosamente. Tuttavia, solo i padri hanno interagito contingentemente con i neonati. Questi dati – prosegue Lavelli – sono interpretabili considerando che le madri
hanno mostrato livelli più elevati di coinvolgimento e di stimolazione sociale dei neonati
rispetto ai padri, mentre questi ultimi un coinvolgimento di tono più basso e meno
“richiestivo”. Lo studio suggerisce, quindi, che i padri sono più capaci di sintonizzarsi con i bassi livelli di attivazione dei neonati prematuri, ma solo una sollecitazione affettuosa mostrata più frequentemente dalle madri facilita l’emergere di responsività contingente da parte dei neonati”.

Dal punto di vista clinico, i risultati della ricerca offrono importanti spunti per programmi di
coinvolgimento per di entrambi i genitori nelle terapie intensive neonatali, suggerendo che madri e padri possiedono abilità diverse, che possono essere incoraggiate e apprese da entrambi i genitori per sostenere il neonato pretermine nel difficile periodo in questi reparti ospedalieri.

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