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Una nuova cura per chi soffre algodistrofia

La patologia ha una nuova modalità di cura, domiciliare, più semplice per i pazienti

di Elisa Innocenti
18 Ottobre 2021
in Ricerca e innovazione

Uno studio italiano coordinato dall’Asst, Centro specialistico ortopedico traumatologico Gaetano Pini-CTO di Milano, in collaborazione con l’ateneo di Verona, conferma l’efficacia del neridronato per somministrazione intra-muscolare come terapia per chi soffre di algodistrofia, malattia che colpisce gli arti superiori o inferiori, causando fortissimi dolori. Maurizio Rossini, direttore della sezione di Reumatologia dell’università di Verona e presidente Siommms, Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro, sottolinea la necessità di una condivisione di linee guida tra clinici per favorire la diagnosi precoce e un trattamento appropriato di questa patologia fortemente sottovalutata.

Una cura efficace e gestibile a casa per i pazienti affetti da algodistrofia, ecco la buona novità che emerge come frutto del lavoro di un gruppo di ricerca tutto italiano che ha indagato la possibilità di usare il neridronato, molecola di comprovata efficacia contro l’algodistrofia, non solo con cicli di infusione endovenosa, ma anche con iniezioni intramuscolari.

“L’affinarsi delle metodiche diagnostiche – spiega Maurizio Rossini – sembra confutare la presunta rarità dell’algodistrofia, la cui incidenza era stimata 15 anni fa in 26 casi ogni 100.000 persone ogni anno, ma in realtà ritenuta tale in quanto spesso sotto diagnosticata o diagnosticata tardivamente. Dal punto di vista epidemiologico sembra che le donne siano affette dalla sindrome 3 volte più degli uomini con un picco di incidenza nel sesso femminile dopo i 50 anni, poiché spesso conseguente a frattura del radio distale, tipica frattura da fragilità, frequentemente prima manifestazione di una condizione latente di osteoporosi postmenopausale.”

Il nuovo studio “Intramuscular neridronate for the treatment of complex regional pain syndrome type 1: a randomized, double-blind, placebo-controlled study”, recentemente pubblicato sulla rivista Therapeutic advances in musculoskeletal disease, ha analizzato 78 adulti con algodistrofia malati da non più di 4 mesi, reclutati tramite 10 centri reumatologici italiani. I rigorosi criteri di selezione hanno ricalcato quelli del precedente studio del 2013, che ha portato a documentare l’efficacia del neridronato ed alla conseguente approvazione degli enti regolatori italiani della molecola e della modalità di somministrazione per via endovenosa come l’unica terapia indicata per il trattamento della sindrome algodistrofica, detta più propriamente Sindrome dolorosa regionale complessa di tipo I (CRPS-I).

“Si tratta di una patologia reumatologica che può far seguito di settimane ad un evento traumatico – spiega Massimo Varenna, direttore dell’Unità Operativa Semplice di Osteoporosi e Malattie Metaboliche dell’ASST Centro Specialistico Ortopedico Traumatologico Gaetano Pini-CTO di Milano e coordinatore dello studio – È caratterizzata da forte dolore, sproporzionato rispetto a quello atteso in base al trauma stesso, limitazioni funzionali ed alterazioni sensoriali, vasomotorie e trofiche dell’arto interessato. Se non trattata precocemente l’algodistrofia può causare invalidità permanente della funzione della mano e del piede, con tutto quello che questo può comportare per la qualità di vita del paziente. Quello che siamo riusciti a dimostrare con il nostro studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato contro placebo – chiarisce Varenna – è che il farmaco di elezione, il neridronato, ad un mese dalla somministrazione ha il medesimo profilo di efficacia qualsiasi sia la modalità di somministrazione. Ovvero, in pratica, a parità di dosaggio non cambia nulla in termini di risposta clinica positiva su funzionalità e controllo del dolore e dell’infiammazione locale, sia che il farmaco venga somministrato per via endovenosa, sia che venga somministrato per via intramuscolare.”

Una terapia domiciliare, salva-guai per il paziente. La terapia endovenosa, l’unica attualmente rimborsata, per l’indispensabile assistenza infermieristica viene generalmente eseguita negli ospedali, con conseguenti problematiche per pazienti sofferenti e spesso impossibilitati a spostarsi; è palese come poter utilizzare farmaci per via intramuscolare a casa possa essere di grande aiuto e sollievo nell’evitare vere proprie peregrinazioni alla ricerca di un centro ospedaliero disponibile.

L’anticipazione dei dati di efficacia a 12 mesi. Lo studio prevedeva due fasi, la prima della durata di un mese ampiamente conclusa, i cui dati sono stati completati e pubblicati ed una seconda fase della durata di un anno, i cui dati preliminari sono attualmente in corso di pubblicazione.“I dati di follow up ad un anno – continua Varenna – danno finalmente una risposta ad un aspetto che in letteratura non era mai stato esplorato, ovvero la durata del beneficio che questo tipo di trattamento conferisce al paziente nel tempo. I risultati, quindi, vanno oltre al fatto che il paziente ha una remissione di malattia a tempi brevi, e chiariscono che la remissione viene mantenuta con un beneficio che tende ad essere definitivo”.

“Infine – conclude Rossini – non va dimenticato il tassello fondamentale della diagnosi precoce per la quale è sicuramente necessaria una condivisione delle conoscenze tra clinici di diversa estrazione, dal medico di medicina generale agli specialisti come il fisiatra, il reumatologo, l’ortopedico, l’anestesista o il neurologo che possono avere occasione di trovarsi ad intercettare questa patologia e che devono quindi averne ben presente le caratteristiche cliniche per porre precocemente una diagnosi e per intraprendere tempestivamente un trattamento appropriato. La possibilità di avere una terapia efficace e la disponibilità di una modalità di somministrazione che va incontro alle esigenze dei pazienti pongono ora infatti come un imperativo la necessità che la diagnosi sia fatta il più precocemente possibile. Sappiamo infatti in modo inequivocabile che tanto più la diagnosi è precoce e tanto prima viene iniziato il trattamento, tanto più elevate sono le probabilità di ottenere benefici dalla terapia e magari la guarigione completa della patologia.”

 

Contributo Agenzia Aristea

photocredits Adobe stock

 

 

 

 

 

 

 

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