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Se il diritto deve obbedire all’emergenza

Intervista a Daniele Butturini, docente di Diritto costituzionale in ateneo

di Francesca Nazzaro
9 Aprile 2020
in Attualità

La limitazione dei diritti sembra oggi l’unico mezzo per tutelare la salute nel mezzo dell’epidemia da coronavirus. Quali le conseguenze per l’informazione e la libertà di stampa? Lo abbiamo chiesto a Daniele Butturini, docente di Diritto costituzionale al dipartimento di Scienze giuridiche.

Si può parlare veramente di sospensione delle libertà fondamentali o si sta assistendo a una ridefinizione di tale termine all’interno di un’emergenza sanitaria di proporzioni globali?

Siamo dinanzi a uno stato di eccezione. La calamità sanitaria di portata globale è il fatto che spinge il decisore politico, il Governo, ad adottare misure che limitano alcuni diritti (es. libertà di circolazione) e sospendono altri (es. libertà di riunione, libertà di iniziativa economica ecc.). Ciò viene ritenuto funzionale e proporzionato rispetto alla salvaguardia del bene costituzionale preminente della salute, non solo inteso come diritto fondamentale dell’individuo, ma soprattutto come interesse della collettività, come stabilisce l’art. 32 della Costituzione. Gli stessi limiti di sostenibilità nell’emergenza del nostro sistema sanitario nel fornire le cure possono giustificare tali restrizioni. Il Governo con ripetuti atti amministrativi, assunti nella forma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, specifica le restrizioni dei diritti. Potremmo dire quindi che siamo di fonte a misure restrittive delle libertà adottate, dal punto di vista del contenuto, con atto amministrativo e non con legge. Ciò non è mai avvenuto nella storia repubblicana. Il bilanciamento tra diversi diritti e la salute, che è un diritto e un valore collettivo, ha portato a ritenere giustificabile una sospensione temporanea di alcune libertà attraverso misure, atti amministrativi, non sottoposte al controllo politico e giuridico del Parlamento. Appare un solo decisore politico i cui atti sono nella sostanza e nelle linee operative dettati dalle autorità sanitarie con l’assenza del Parlamento. L’emergenza Covid 19 plasma forme del diritto dell’emergenza prima mai viste, perché mai il valore della salute collettiva è stato così in pericolo. Auspichiamo che si tratti di un’emergenza conservativa e, in quanto tale, transitoria, in cui la temporanea limitazione dei diritti sia l’unico mezzo per tutelare la salute, e non di un’emergenza evolutiva che tende a costruire un nuovo e stabile tipo di ordine giuridico.

Con la pandemia ci si interroga anche sulla messa in atto a livello di comunicazione. Che ruolo dovrebbe avere l’informazione in questo particolare momento di crisi per il Paese?

L’informazione giornalistica ha un ruolo essenziale. L’informazione è il presupposto di tutti i diritti. Senza informazioni non siamo in grado di esercitare le libertà, perché non possiamo esercitare le scelte con cognizione di causa. Senza informazioni non potremmo neppure sapere quali comportamenti tenere per prevenire il contagio. Abbiamo le fonti istituzionali, i siti informativi di Governo, Istituto Superiore di Sanità, Protezione Civile, Ministero della Salute, Organizzazione mondiale della sanità ecc., i professionisti dell’informazione (giornalisti della carta stampata, della radio, della televisione, dei siti informativi dei mezzi televisivi e della carta stampata) e il composito ed eterogeneo mondo dei mezzi della comunicazione orizzontale, quali social media e social network. Direi che una funzione imprescindibile dell’informazione giornalistica professionalizzata stia nella diffusione dei contenuti della comunicazione istituzionale, affinché vi sia una consapevolezza approfondita sugli aspetti sanitari, legati alla prevenzione e non solo, e sulle misure di restrizione imposte dal Governo. Si tratta di un’informazione istituzionale necessaria, affinché le persone abbiano le cognizioni su due aspetti che la Costituzione valorizza: la salute e la giustizia, ovvero sui comportamenti da tenere per prevenire il contagio e sulle condotte da porre in essere in termini di diritto. Qui potremmo dire che vi è un diritto ad essere informati e dal lato delle fonti istituzionali, che necessitano dei media per la circolazione delle notizie, obblighi di dare informazioni.

Quale valore ha la libertà di stampa vista all’interno di quest’emergenza?

Soprattutto nell’emergenza la libertà di informare è cruciale e inviolabile. Molti diritti costituzionali sono limitati e sospesi come detto. La libertà di manifestazione del pensiero e di informare, invece, non deve subire restrizioni. Anzi, rappresenta ciò che non è sacrificabile neppure nello stato di eccezione. Si deve assicurare la libertà di essere informati delle persone, una libertà che consiste nel pretendere di non subire ostacoli nell’accesso a informazioni in un momento drammatico nel quale il bisogno di informazioni istituzionali certificate diventa ancora più impellente. Poi vi è un altro aspetto importante: l’informazione di approfondimento che alimenta interpretazioni documentate magari in alternativa al mainstream della comunicazione. Non deve mai venire meno, soprattutto ed anche nell’emergenza, il giornalismo che alimenta lo spirito critico sui fatti. Parlo del giornalismo d’inchiesta che incalza il potere e indaga sugli argomenti di interesse pubblico. Non si deve dimenticare che l’informazione giornalistica, dal punto di vista sociale, diffonde cronache ed anche critiche dell’esistente, critiche che possono portare a proposte di mutamento dello stato di fatto esistente. Penso a un giornalismo che ponga l’accento, come spesso si è fatto in passato e si deve fare oggi, sulle problematiche gravanti sulla sanità, sui tagli alla stessa imposti negli ultimi decenni, sulle strategie politiche e sanitarie messe in campo ecc. L’informazione ha tre risvolti: 1) la cronaca ovvero il racconto dei fatti di utilità sociale; 2) la critica dello status quo e 3) il contributo a un programma di mutamento rispetto a ciò che non funziona.

Giornalismo è diffusione della conoscenza e contributo sociale ragionato per la trasformazione dello stato di cose, laddove necessaria. Tra l’altro un giornalismo di questa natura può nel dopo emergenza contribuire a una riflessione razionale da parte della comunità su una serie di aspetti e può fungere da pungolo nei confronti delle autorità politiche e amministrative affinché in futuro non si riproducano comportamenti o atti sui quali la critica ragionata è intervenuta. Il giornalismo d’inchiesta è mezzo sociale essenziale per costruire una memoria collettiva costruttiva per il dopo emergenza.

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