La macchina della giustizia al tempo del Coronavirus

Intervista ad Alberto Tedoldi, docente di Diritto processuale civile in ateneo

La pandemia in corso ha incentivato il ricorso alla giustizia digitale, facendone però emergere anche i limiti e le difficoltà di gestione. Sul tema è intervenuto Alberto Tedoldi, docente di Diritto processuale civile al dipartimento di Scienze giuridiche.

Professore, in che modo la giustizia sta subendo gli effetti del Covid-19?

L’attività giudiziaria è stata sospesa, pressoché interamente, dal 9 marzo sino all’11 maggio 2020. Si possono trattare soltanto procedimenti connotati da particolare urgenza e riguardanti i diritti delle persone; per le questioni patrimoniali l’urgenza va specificamente giustificata. Tutti i termini processuali, anche per le procedure cautelari e urgenti, sono sospesi sino alla data suddetta, così come sono sospesi i termini per le procedure di soluzione delle controversie alternative al giudizio (mediazione, negoziazione assistita). Dopo il cosiddetto “periodo cuscinetto” di sospensione automatica di quasi tutta l’attività giudiziaria, i dirigenti degli uffici giudiziari dovranno adottare particolari cautele per lo svolgimento delle udienze, limitando al minimo indispensabile la partecipazione fisica e adottando, dove possibile, anche modalità “cartolari” o telematiche, che garantiscano comunque l’esercizio del diritto di difesa.

Che conseguenza sta avendo la pandemia su profili processuali e sulle procedure concorsuali?

La sospensione emergenziale di tutti i termini processuali renderà necessaria una ricalendarizzazione delle scadenze e delle udienze. Già ora molti rinvii d’ufficio delle udienze vengono fatti al prossimo autunno, anche per procedimenti cautelari che, usualmente, debbono essere trattati e decisi in due o tre mesi al massimo. Il deposito di atti e documenti è consentito solo in via telematica, anche quando si tratti di atti introduttivi del giudizio di primo grado o di appello, per i quali la disciplina sul processo civile telematico (PCT) consente il deposito anche cartaceo: il che crea non pochi problemi quando si tratti di fascicoli voluminosi. In Corte di cassazione, dove non è stato ancora adottato il PCT, non è possibile depositare fascicoli né atti, se non per i procedimenti urgentissimi eccezionalmente esentati dalla sospensione emergenziale. Nelle procedure concorsuali il decreto legge 23 dell’8 aprile 2020 ha disposto l’improcedibilità di tutte le istanze di fallimento depositate tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020, salvo quelle presentate dal pubblico ministero con domanda di misure cautelari. Inoltre, sono stati prorogati di sei mesi i termini per l’esecuzione dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione dei debiti omologati, nonché di novanta giorni i termini per la presentazione dei piani prima dell’omologa, con possibilità altresì di modificare i piani già presentati. Nelle procedure esecutive i termini sono sospesi, ma si può comunque dare corso agli atti esecutivi, da compiere con le necessarie cautele igienico-sanitarie. Di fatto, però, l’attività è ridotta ai minimi termini anche in questo settore.

Nonostante questo grave periodo di emergenza, ritiene che il rallentamento della giustizia possa essere contrastato?

Questa emergenza condurrà a incrementare l’utilizzo degli strumenti telematici, auspicabilmente anche in Cassazione, eliminando udienze superflue o tenendole in via telematica o in forma “cartolare”, quando non occorra la presenza fisica dei difensori e delle parti. La congestione che si avrà alla ripresa sarà certamente causa di ulteriore rallentamento nella trattazione degli affari giudiziari, che potrà essere contrastato con un maggiore e più diffuso utilizzo degli ADR (Alternative Dispute Resolution), cioè degli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al giudizio, tra i quali specialmente la mediazione demandata dal giudice di primo grado o d’appello, affinché le parti, in causa magari da molto tempo, possano cercare un accordo conciliativo con l’ausilio di un mediatore e con l’assistenza dei rispettivi difensori, con spirito di collaborazione e secondo le linee della c.d. collaborative law. Qui a Verona, sin dal dicembre 2019, è stato concluso un accordo quadro tra il Tribunale e il Dipartimento di Scienze giuridiche per formare i giovani studenti della nostra Università nell’ambito della mediazione demandata, in affiancamento ai giudici civili che abbiano dato la loro disponibilità.