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Completata la mappatura genetica del cancro

La prestigiosa rivista scientifica Nature dedica allo studio la copertina del numero del 5 febbraio

di Elisa Innocenti
11 Febbraio 2020
in Ricerca e innovazione

Completato lo studio per la mappatura dei genomi del cancro. Un risultato unico nel panorama scientifico internazionale – tanto da conquistare la copertina dell’ultimo numero della rivista “Nature” –  perché costituisce una risorsa inestimabile per la comprensione delle cause, dello sviluppo e dell’evoluzione dei diversi tipi di tumori, gettando le basi per lo sviluppo di nuove classificazioni, diagnosi e terapie in ambito oncologico.

Tra i protagonisti di questo studio l’università di Verona che dal 2010 rappresenta l’Italia nel Consorzio internazionale genoma del cancro. Il team multidisciplinare è coordinato da Arc-Net, centro di ricerca applicata dell’ateneo e dell’azienda ospedaliera universitaria integrata diretto all’anatomopatologo Aldo Scarpa e nato con il sostegno della Fondazione Cariverona.

LO STUDIO

Il completamento di questo progetto è il culmine di un decennio di lavoro rivoluzionario nello studio del genoma del cancro che ha visto la collaborazione tra il consorzio internazionale Icgc (di cui fa parte Verona) e il consorzio statunitense Tcga. Questo team internazionale, composto da più di 1.300 scienziati e clinici di 37 Paesi, ha lavorato al progetto “Genomi Pan-Cancro” (Pan-Cancer Analysis of Whole Genomes – Pcawg), che ha completato l’analisi più dettagliata ad oggi disponibile di 2.600 genomi di 38 diversi tipi di tumore.

Gli studi precedenti si erano concentrati sull’1% del genoma che è quella parte del Dna che codifica per le proteine. Il progetto Pcawg ha esplorato in modo molto più dettagliato il restante 99% del genoma, comprese le regioni chiave che controllano l’accensione e lo spegnimento dei geni. Per analogia, se il genoma può essere visto come un ricettario per le cellule viventi e il cancro come un processo che deriva da modifiche delle ricette (mutazioni nel genoma), allora gli sforzi precedenti hanno cercato cambiamenti nelle liste degli ingredienti, mentre questo nuovo progetto cerca anche alterazioni delle istruzioni per l’uso di tali ingredienti.

“Questo lavoro – afferma il professor Scarpa – aiuta a rispondere ad uno dei più importanti (e fino ad oggi irrisolti) quesiti della medicina: perché due pazienti affetti da quello che sembra uno stesso tipo di tumore possono avere esiti molto diversi e rispondere in maniera difforme alla stessa terapia? I risultati del progetto Pcawg mostrano che le ragioni di questi diversi comportamenti sono scritte nel Dna. Il genoma del tumore di ogni paziente è unico, ma esiste una serie finita di schemi ricorrenti. Queste nuove informazioni daranno vita a studi che permetteranno di identificare tutti questi schemi per ottimizzare la diagnosi e il trattamento”.

“Questo studio – dichiara il magnifico rettore Pier Francesco Nocini –  rappresenta una pietra miliare per la comunità scientifica, il culmine di una collaborazione mondiale che ha visto Verona pienamente attrice e orgogliosa di rappresentare l’Italia in questo lavoro rivoluzionario nello studio del genoma del cancro che cambierà il modo di affrontare questa malattia”. Il rettore aggiunge che tra i 1300 ricercatori dei 37 paesi partecipanti, 35 afferiscono a istituzioni venete: l’università e azienda ospedaliera di Verona (33), l’università di Padova (1) e l’azienda ospedaliera di Treviso (1).

Il lavoro appena pubblicato pone le basi per la seconda fase delle attività del consorzio Icgc che consiste nella realizzazione del progetto denominato Argo (Accelerating research in genomic oncology) che si occuperà di tradurre i risultati del sequenziamento del genoma dei tumori di singoli pazienti in terapie personalizzate e “di precisione”. Tale progetto vede ancora una volta Verona in prima linea nell’individuazione di nuovi bersagli terapeutici in tumori finora considerati “orfani” di una terapia mirata.  “Ci attendiamo una accelerazione della ricerca clinica – aggiunge il rettore – finalizzata alla realizzazione di una medicina di precisione in oncologia mediante l’introduzione di nuove metodologie diagnostiche molecolari nei sistemi sanitari nazionali su cui basare scelte terapeutiche sempre più precise. Ci aspettiamo inoltre di riuscire a svelare i meccanismi di sviluppo di resistenza alla terapia, che spesso si instaurano e causano ricadute, e di poter comprendere le modalità di aggirarle”.

IL RUOLO DI VERONA E DEL VENETO

Il contributo di Verona al lavoro è stato realizzato grazie alla collaborazione multidisciplinare tra la biobanca del centro Arc-Net, diretta da Rita Lawlor, i ricercatori del centro e dell’Anatomia patologica diretta da Aldo Scarpa, i clinici e chirurghi dell’Istituto del pancreas diretto da Claudio Bassi, della Chirurgia epatobiliare diretta da Alfredo Guglielmi, dell’Oncologia medica diretta da Michele Milella. Un contributo importante è stato fornito inoltre dalle anatomie patologiche dell’università di Padova e dell’ospedale Cà Foncello di Treviso, il cui apporto è stato coordinato da Matteo Fassan e Angelo Paolo dei Tos.

L’intervista a Rita Lawlor

In questo scenario l’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona ha usufruito delle innovazioni derivate dalla partecipazione dell’università all’Icgc, riuscendo a introdurre tempestivamente metodiche diagnostiche molecolari innovative sin dal 2014. L’Aoui ha dato il proprio contributo in questi anni attraverso la costituzione di gruppi oncologici multidisciplinari, costituiti da specialisti di numerose discipline (oncologia, chirurgia, radiologia, anatomia patologica, gastroenterologia ed endocrinologia) che lavorano in maniera fortemente integrata e coordinata per una presa in carico globale dei pazienti affetti da neoplasia.

“Un ringraziamento particolare va rivolto ai pazienti che hanno permesso l’utilizzo dei loro materiali biologici ai fini della creazione della biobanca – sottolinea Rita Lawlor – dando così un contributo essenziale a questa importante ricerca e a questo evento storico”.

A rendere possibile lo studio è stato il finanziamento del Miur al Centro Arc-Net, che ha permesso l’entrata dell’Italia nel Consorzio Internazionale del Genoma del Cancro (Icgc) nel 2010, della fondazione Airc per la ricerca sul cancro, e l’ulteriore importante sostegno del Ministero della Salute attraverso la Fondazione italiana per lo studio delle malattie del pancreas (Fimp).

SVILUPPI

Partendo dalle mappe genomiche tracciate oggi, il Consorzio internazionale genoma del cancro ha lanciato la seconda fase della ricerca che consiste nella realizzazione del progetto denominato Argo, che sta per “Accelerating research in genomic oncology” (Icgc-Argo), volto ad accelerare la ricerca in oncologia genomica. Il centro Arc-Net è tra i fondatori del consorzio Icgc-Argo, e Rita Lawlor è membro del comitato di gestione (management committee) e del gruppo di lavoro sull’etica, politiche e governance.

Il progetto mira ad utilizzare nuovi test molecolari disegnati e messi a punto nell’ambito del consorzio, in modo da offrire ai pazienti un più ampio spettro di possibilità terapeutiche rispetto a quanto possibile oggi. Questa seconda fase del progetto prevede l’organizzazione di sperimentazioni cliniche internazionali utilizzando farmaci di nuova generazione nonché farmaci già in uso sulla base delle indicazioni delle anomalie molecolari presenti nel tumore dei singoli pazienti.

Il centro Arc-Net, capofila del contributo italiano nel Consorzio Icgc-Argo, si sta adoperando per creare una rete di centri di eccellenza in oncologia, cui partecipano già l’Istituto oncologico veneto, l’Istituto nazionale tumori di Milano, l’Istituto nazionale tumori “Regina Elena” di Roma, l’Istituto nazionale tumori “Pascale” di Napoli e il Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma.

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