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Malattia di Parkinson: individuati i possibili fattori di rischio implicati nello sviluppo delle alterazioni posturali

I risultati dello studio coordinato da Verona pubblicati su "Neurology"

di univr
19 Novembre 2015
in Ricerca e innovazione

Il rapido riconoscimento dei disturbi posturali e l’adozione di specifiche procedure farmacologiche e riabilitative possono rallentare l’evoluzione della malattia di Parkinson verso forme più severe. Un contributo fondamentale in questa direzione arriva da uno studio multicentrico italiano coordinato da Michele Tinazzi, docente di Neurologia del dipartimento di Scienze neurologiche, biomediche e del movimento dell’università di Verona, diretto da Andrea Sbarbati, i cui risultati sono stati pubblicati, il 17 novembre, sulla prestigiosa rivista statunitense "Neurology".

La malattia di Parkinson, è la seconda più comune patologia neurodegenerativa dopo la malattia di Alzheimer, con una prevalenza stimata del 2% nella settima decade di vita. In Veneto si stima un numero di circa 18.000 pazienti affetti da malattia di Parkinson o da parkinsonismi, di cui almeno il 25% a Verona e provincia. Col progredire della malattia compare un graduale incremento del grado di disabilità del paziente dovuto all’insorgenza di disturbi non-motori, come disturbi dell’umore, del sonno e cognitivi, e motori tra cui alterazioni posturali, spesso invalidanti, quali la deviazione laterale del tronco (Pisa syndrome), la flessione anteriore del tronco (camptocormia) e del collo (anterocollo).

La ricerca. “Pisa Syndrome in Parkinson’s disease: an observational multicenter Italian study”, questo il titolo dello studio, ha coinvolto 1631 pazienti affetti da malattia di Parkinson. Di questi 143, l’8.8%, presentavano Pisa syndrome, associata nel 68% dei casi a Camptocormia e/o Anterocollo. In particolare, è emerso come uno stadio avanzato di malattia e il trattamento farmacologico con levodopa e dopamino-agonisti, aumentino il rischio di sviluppare la Sindrome rispettivamente del 46% e del 93%. Fattori muscolo-scheletrici come l’osteoporosi e la presenza di artrosi aumentano, a loro volta, la possibilità di sviluppare la malattia del 66%, mentre la presenza di disturbi della deambulazione accresce il rischio di circa tre volte.


“Per la prima volta in letteratura – spiega Tinazzi – abbiamo mostrato l’elevata prevalenza del disturbo, i possibili fattori di rischio implicati nella sua insorgenza, le condizioni mediche più frequentemente associate nonché l’impatto sulla qualità di vita di tali condizioni nelle persone affette da malattia di Parkinson. I risultati dello studio si rivelano di notevole importanza non solo per implementare le conoscenze circa la fisiopatologia dei disturbi posturali, a oggi quasi sconosciuta, ma anche per pianificare specifici percorsi diagnostico-terapeutici al fine di prevenire lo sviluppo di tali condizioni e di instaurare un trattamento mirato”.
Il lavoro scientifico nasce da una ricerca basata su studi pilota clinici, neurofisiologici e di neuroimaging condotti negli ultimi anni da Tinazzi con il contributo di preziosi collaboratori quali Sarah Ottaviani, Giovanna Squintani, Tommaso Bovi, Federica Bombieri della sezione di Scienze motorie, che ha come responsabile Federico Schena, e Christian Geroin e Marialuisa Gandolfi della sezione di Medicina fisica e riabilitazione, diretta da Nicola Smania. Si tratta del quarto studio osservazionale multicentrico italiano coordinato dal team dell’ateneo scaligero, relativo agli aspetti clinici e fisiopatologici della malattia di Parkinson e dei parkinsonismi. Hanno, inoltre, collaborato altri 21 centri  e università italiane specializzati nella malattia di Parkinson e disordini del movimento tra cui il "Centro Parkinson" dell’università di Salerno.

Tinazzi è da anni il responsabile del “Centro Parkinson e disordini del movimento”, riconosciuto come unico Centro regionale specializzato della Regione Veneto per lo studio dei disordini del movimento che opera all’interno dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, AOUI, e costituisce a tutt’oggi un punto di riferimento nazionale per tali patologie. Le attività di ricerca, di didattica e formazione, cliniche e assistenziale del Centro vengono svolte in maniera sinergica nella Clinica neurologica del DSNBM, diretta da Salvatore Monaco, e presso l’Unità operativa di Neurologia dell’OCM di Verona, diretta da Giuseppe Moretto e si avvalgono dell’interazione di diverse strutture e figure professionali, sia universitarie che ospedaliere. In tutti questi anni il Centro ha svolto e sviluppato tali attività, attraverso linee strategiche volte a stabilire un’intensa collaborazione scientifica nazionale e internazionale, forte interdisciplinarietà all’interno dell’ateneo e stretta interazione tra università, Aoui e Regione Veneto. Tutto questo ha contribuito a valorizzare quest’area neurologica come dimostrato dall’elevata produttività scientifica.
 

rd

19.11.2015

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