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Quello che è invisibile agli occhi si vede bene…al microscopio

La curiosità degli studenti delle scuole superiori incollati agli strumenti dei laboratori di Venetonight

di univr
2 Ottobre 2012
in Attualità
Fiori al microscopio

Fiori al microscopio

Quando la Scienza stringe la mano alla cittadinanza entrano in gioco i ricercatori e la loro capacità di comunicare. Questo è successo con Venetonight, la giornata per la ricerca organizzata dagli atenei veneti che ha visto protagonisti gli studiosi di Biotecnologie. La loro passione per la ricerca ha entusiasmato anche i ragazzi delle scuole superiori con laboratori che hanno mostrato nella pratica i progetti del dipartimento. Al museo civico di Storia naturale i ricercatori hanno avvicinato alla scienza i giovani e non solo portando fuori dai loro laboratori strumenti come microscopi e provette in vitro e dando spiegazioni per i non addetti ai lavori.

Bolca, laguna pietrificata. Iricercatori della facoltà di Scienze hanno svelato il segreto di Bolca, un inaspettato mare fossile. I ragazzi delle superiori hanno potuto osservarne i reperti al microscopio. Vicina località delle prealpi veronesi e sede di una laguna che risale a 50 milioni di anni fa, il Mar della Pesciara è un giacimento fossile quasi inesauribile che ad ogni nuovo scavo permette di conoscere sempre nuove specie di pesci e piante, un caso raro nel mondo. Come la galleria del 2005 che ha portato in superficie 4000 reperti tra pesci e piante. “Reperti di pesci −dicono  gli esperti − con resti di coralli nello stomaco, senza che ci fosse in quelle acque una barriera corallina, insieme a pesci d’alto mare, o specie che popolano i fondali sabbiosi piuttosto che i fondali melmosi. Non si può dunque delineare un habitat tipico per questo  basso mare dal clima tropicale che sembra essere sprofondato in tempi ancestrali in seguito ad attività vulcanica sottomarina”.

La biotecnologia al servizio dell’uomo. Nel Dna delle cellule le risorse per migliorare la vita dell’uomo, questo il portato delle ricerche in biotecnologia presentate dai ricercatori dell’ateneo. Gli studenti hanno potuto osservare al microscopio gli organi riproduttivi delle piante in vitro ed è stato spiegato loro il processo dell’impollinazione. Sono state inoltre spiegate le differenze tra i due sistemi di coltura utilizzati per studiare l’attività delle cellule. La coltura in vitro, in cui parti del vegetale vengono immerse, in condizioni di sterilità, in una soluzione gelatinosa ricca di nutrienti, e la idroponica, ossia l’immersione delle sole radici dell’intera pianta in una soluzione di acqua ed elementi nutritivi, entrambi i sistemi prevedono l’utilizzo di ormoni per modificare e controllare il comportamento sessuale delle pianta. Di grande interesse anche il laboratorio sulle interazioni tra gli organismi vegetali, soprattutto per le ricadute che questi studi hanno sull’agricoltura. Studiare, ad esempio, i geni delle specie di vite americana e asiatica che sono più resistenti ai microrganismi patogeni rispetto alla vite impiegata per i vini di pregio è essenziale per trasferire poi i singoli geni e creare un dna più immune alle micosi con il risultato di ridurre la necessità di proteggere le vigne con i pesticidi. Andare nella direzione di un’agricoltura sostenibile limitando l’uso di sostanze dannose per l’ambiente è possibile anche grazie alla scoperta di batteri del suolo che entrano in simbiosi con la pianta e le danno nutrimento.  I rizobi, questo il nome dei microrganismi, permettono alle piante a cui si associano di assorbire l’azoto. La sfida è trovare specie vegetali, oltre alle leguminose, che riescano a interagire con questi batteri “solidali” e che consentano di ridurre le quantità di fertilizzanti. E, chi l’avrebbe detto, è possibile produrre energia elettrica e metano perfino dai rifiuti organici. Un reattore privo di ossigeno è l’ambiente idoneo a produrre fango attivo da cui estrarre metano a partire dall’organico, così come già si fa in zootecnica con i liquami.

Animali estremi.Alta montagna, deserti e grotte; tutti ambienti estremi che costringono gli animali ad attuare delle strategie per assicurarsi la sopravvivenza. Queste tematiche sono state affrontate durante il laboratorio “Animali estremi” che ha messo in luce il legame tra le caratteristiche ambientali e  i cambiamenti fisici e comportamentali degli animali. A quote elevate ad esempio le basse temperature, i forti venti e la scarsità di cibo hanno favorito la presenza di animali con arti lunghi, ali ridotte e rallentamento del metabolismo. Nei deserti poveri di risorse invece gli animali hanno sviluppato una cute spessa per impedire all’acqua di evaporare e hanno ridotto l’attività diurna per risparmiare energia. Al polo opposto la mancanza di luce, la temperatura costante e l’isolamento delle grotte fanno sì che i loro abitanti perdano la pigmentazione e la vista e sviluppino la tendenza alla polifagia.

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