Internet ha compiuto 40 anni. Il primo messaggio fu diffuso attraverso Arpanet il 29 ottobre 1969. Da quel giorno l’evoluzione della rete è stata inarrestabile, determinando una rivoluzione del nostro stile di comunicazione che ha in questi anni profondamente trasformato anche la creazione e la fruizione delle notizie giornalistiche.
Media tradizionali ed online, con le nuove risorse della tecnologia 2.0, sono oggi un mix che ci tiene costantemente immersi in un flusso di informazioni alle quali possiamo anche “reagire” grazie all’interattività e alla semplicità di utilizzo che non scoraggia neppure chi non ha particolari abilità informatiche.
Se questo è lo scenario è interessante chiederci come sia cambiata la professione del giornalista, se essere giornalista oggi abbia un significato diverso dal passato.
E’ stato stimolante assistere al confronto fra uno studente alla vigilia della laurea specialistica in Giornalismo, Giovanni Cerutti, e un docente che del giornalismo conosce ogni segreto: Michelangelo Bellinetti. Una dato è emerso incontrovertibile: oggi come ieri questa nostra professione non smette di appassionare chi la pratica e di attrarre i giovani.
Mfc
Conversazione sul giornalismo, o meglio sui giornalismi
I recenti approdi tecnologici hanno reso il giornalismo sempre più un fenomeno multimediale. Dalla carta stampata, alla Rete, ai cellulari senza dimenticare radio e tv. La notizia e il modo di scrivere le notizie di conseguenza si sono dovuti adattare al nuovo formato, o lo faranno a breve. Molte delle caratteristiche che contraddistinguono la stampa italiana di oggi sono da ritrovarsi nell’evoluzione storica e sociale che il nostro Paese ha vissuto nel secolo scorso. Perché Il giornalismo attuale guarda al futuro con un piede nel passato.
La chimera dell’obiettività
Lo scorso 10 ottobre il summit mondiale dei media, che ha riunito a Pechino 170 imprese editoriali da ogni parte del pianeta, ha chiuso i lavori lanciando un appello: la copertura delle notizie deve e dovrà essere accurata, imparziale, obiettiva e corretta. È così?
Come afferma la definizione “cinese” è auspicabile l’avere un’ informazione compiuta e imparziale. Si deve però escludere un’ informazione obiettiva. Non esiste. Ogni persona e quindi ogni giornalista assiste ed interpreta l’evento in modo diverso rispetto a chiunque altro. La percezione del fatto è soggettiva. Un esempio su tutti è la descrizione dell’incidente stradale e la notizia ad esso riferita, io che vedo l’incidente da una mia personale angolazione in ogni caso lo descrivo in modo diverso da chiunque altro. Lo stesso vale per il giornalista.
Una delle caratteristiche diatribe che anima il mondo dell’informazione riguarda la scissione tra fatti e opinioni, oggi le opinioni sembrano prevalere sui fatti…
Fatti, soltanto fatti e opinione a lato è una massima del giornalismo britannico. L’Italia all’opposto nega il principio. Siamo ancora legati al pastone, quella forma di composizione della notizia politica che risale al secondo dopoguerra e la cui invenzione è da attribuirsi a Mattei direttore della “Nazione” di Firenze. Il pastone univa alle notizie della politica alcune personali considerazioni del giornalista. È diventato da subito una costante di tutte le redazioni e in alcuni casi ancora è presente. Lo vediamo apparire in non pochi resoconti dei notiziari televisivi.
Giornalismo dal basso
Le novità nel giornalismo emerse grazie al web. Con il cosiddetto citizen journalism o ireporter giornalismo dal basso ad opera esclusiva di non professionisti, chiunque oggi può inserire notizie su Internet. Come vede questa nuova realtà?
Con Internet siamo protagonisti, testimoni e attori di una rivoluzione. Ci troviamo ad essere al centro di una stagione nuova che obbligherà a scelte precise tutti i protagonisti, gli attori del mondo dell’informazione: cittadini, giornalisti, imprenditori. Dovremo studiare le possibilità dello strumento Internet. Esso, infatti, amplifica l’importanza dell’immagine e dal punto di vista del valore della notizia impone l’immediatezza. L’esatto opposto del giornalismo cartaceo che sempre più avrà il compito di offrire un approfondimento specializzato grazie alle “penne” di giornalisti esperti. Il fenomeno che prende il nome di citizen journalism se non è legato ad una competenza specifica, che si essa di scrittura, di preparazione di video o audio non riuscirà ad emergere. Non sarà vero giornalismo.
Giornalismo in aula, scrittura e consapevolezza
Come vedono il mondo giornalistico gli studenti che frequentano il suo corso?
Tra i ragazzi che siedono in aula di solito c’è chi ha un’immagine un po’ oleografica del giornalista. Un’immagine da smontare perché irreale. Altri ancora hanno una visione legata al profitto. Ci sono inoltre quelli che non hanno le idee chiare e confondono il giornalismo con la pubblicità, la comunicazione in generale o quella politica. Dopo aver fatto un lavoro di “pulizia” il percorso che tendo a fare è far loro capire che il giornalismo è una professione che esige dei saperi ben precisi, dei saperi tecnici legislativi e soprattutto il sapere che nessuno ti insegna della consapevolezza. Noi si andava a “bottega” e se eri fortunato entravi in una redazione dove c’erano anche dei colleghi che ti insegnavano a scrivere altrimenti ti dovevi arrangiare.
Non più nella “bottega”. Oggi i trucchi del mestiere si insegnano all’università. Quale è il primo insegnamento per un giornalista alle prime armi?
La scrittura, a voce alta. Scrivere una frase e non rileggerla soltanto con gli occhi e con la mente. Le cariche propulsive della parola e dei meccanismi che definiscono la struttura della frase si svelano solo con la lettura a voce alta. Provare per credere leggendo le inchieste che Giorgio Bocca pubblicò a suo tempo prima su "L’Europeo" e poi su “Il Giorno”. Le sue inchieste erano parole e ritmo. Parole che scandivano notizie e ne disegnavano il contesto. Parole che ancora oggi anno un’eco che crea consapevolezza. Una grande lezione di giornalismo.