Un viaggio tra ricerca, terapie innovative e il ruolo chiave della scuola veronese nello studio delle malattie scheletriche rare. È quanto emerge dall’intervista a Davide Gatti, docente di Reumatologia dell’università di Verona, che ha partecipato all’incontro nazionale su Ern-Bond e le malattie rare scheletriche che si è tenuto il 6 giugno a Roma nella Sala Auditorium del ministero della Salute.
Professor Gatti può spiegarci in parole semplici cos’è Ern-Bond e perché è così importante per chi si occupa di malattie rare scheletriche? Che significato ha per lei questa partecipazione, anche simbolica?
Ern-Bond è una rete europea che unisce centri esperti nelle malattie rare dello scheletro, favorendo la condivisione di conoscenze per diagnosi più rapide e cure migliori. Le malattie rare resteranno tali finché non si uniranno le competenze dei vari esperti rendendole disponibili a tutti: gli Ern nascono proprio per dare visibilità e risposte a questi pazienti.
La partecipazione di Verona a questo evento ha un grande valore, riconoscendo il ruolo centrale della ricerca veronese. Già alla fine degli anni ’90, grazie a Silvano Adami e alla collaborazione con l’associazione dei pazienti con Osteogenesi Imperfetta, è stata sviluppata l’unica terapia disponibile per di più solo in Italia: il neridronato. Con il contributo di Franco Antoniazzi, docente di Pediatria generale e specialistica, la terapia è stata estesa anche ai bambini, che da allora non sono più senza trattamento e che possono vedere migliorare la loro attesa e qualità di vita.
Tra le malattie affrontate da Ern-Bond troviamo osteogenesi imperfetta, acondroplasia, ipofosfatemia legata all’X e molte altre displasie scheletriche. Quali sono le principali sfide nella loro diagnosi e trattamento?
La sfida principale resta una diagnosi precisa e precoce, soprattutto per quelle malattie rare che oggi, finalmente, hanno terapie efficaci e promettenti, come l’ipofosfatemia legata all’X, l’osteogenesi imperfetta o l’ipofosfatasia. Un grande aiuto arriva dalle tecniche diagnostiche genetiche, sempre più evolute e affidabili, che permettono di riconoscere queste patologie prima e meglio, aprendo la strada a trattamenti mirati e precoci a vantaggio dei nostri pazienti adulti ma anche più piccoli.
Verona ha una lunga tradizione nella ricerca sulle malattie rare scheletriche. Quali sono le nuove frontiere in questo ambito e quale il contributo di Univr?
Essere allievi dello stesso Maestro, il professor Adami, ha creato tra me, Maurizio Rossini (Direttore della Uoc di Reumatologia e docente dello stessa specializzazione) e Francesco Bertoldo (esperto endocrinologo della Medicina d’urgenza e docente di Medicina interna) una base comune solida, che insieme alla collaborazione ventennale con Franco Antoniazzi ci ha permesso di costruire un team unico. La condivisione di competenze diverse, progetti di ricerca comuni e l’utilizzo di tecniche biochimiche e radiologiche innovative ci consente di garantire ai pazienti un percorso di cura completo, continuo e personalizzato rendendoci un riferimento a livello nazionale e oltre. A questo proposito a Verona stiamo sviluppando uno strumento HRpQCT , una Tac ad alta risoluzione in grado di studiare la microarchitettura ossea come nessuna altro mezzo di imaging con una esposizione radiologia molto limitata fornendo informazioni in qualche modo comparabili con quella di una biopsia ossea.
Lei ha ricordato l’intuizione di Silvano Adami nello sviluppo del neridronato, oggi l’unica terapia registrata per l’osteogenesi imperfetta. Quanto ha contato, e conta ancora, questo contributo veronese nel panorama nazionale e internazionale?
La scuola veronese ha un ruolo storico e riconosciuto nello studio e nella cura delle malattie ossee rare, proprio grazie al professor Adami, nostro Maestro di cui tra un anno ricorrerà il decennale della prematura scomparsa. Io, Rossini e Bertoldo, suoi allievi, abbiamo costruito nel tempo un team coeso, in cui ciascuno mette a disposizione le proprie competenze specifiche per affrontare, in stretta collaborazione, le diverse patologie. La sinergia ventennale con Antoniazzi ha permesso di ampliare l’attività anche all’età pediatrica, garantendo una presa in carico completa e continuativa, supportata da percorsi strutturati di transizione verso l’età adulta. La condivisione di progetti di ricerca, l’uso di tecniche diagnostiche biochimiche e radiologiche avanzate, insieme all’esperienza clinica maturata, in particolare nell’osteogenesi imperfetta fanno dell’università di Verona un riferimento nazionale e internazionale, nonché sede attiva nello sviluppo di terapie innovative all’interno di trial clinici che offriranno, nei prossimi anni, opzioni terapeutiche sempre più efficaci e sicure.