Studiare dal vivo la storia dell’arte: un’occasione unica per gli appassionati. Il volume “Storia, conservazione e tecniche nella Libreria Sagramoso in San Bernardino a Verona”, a cura di Monica Molteni, docente di storia delle tecniche artistiche e di Storia del restauro dell’università di Verona, racchiude i risultati delle ricerche, storiche e conservative, sul ciclo di affreschi che decorano la sala Morone della chiesa veronese di San Bernardino. Alla presentazione del testo, svoltasi nei giorni scorsi proprio nella sala oggetto delle ricerche, sono intervenuti Paola Marini, direttrice del Museo di Castelvecchio, Luca Caburlotto, soprintendente per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici, Paola Artoni, del Laniac, laboratorio di analisi non invasiva per l’arte, dell’università, e Gianluca Poldi, che si è occupato delle analisi spettroscopiche.
Una base fondamentale per gli interventi del domani. Il testo, che tratta la parte storica, artistica e l’aspetto conservativo degli affreschi, mette in luce l’importanza di una diagnostica primaria per gestire al meglio gli interventi di restauro futuri. “Il volume ha un grande valore didattico ma anche metodologico, per tutti quelli che vogliono partecipare alla tutela del patrimonio – ha detto Luca Caburlotto -. È uno strumento che permette di capire quali sono gli aspetti amministrativamente corretti da intraprendere. L’attività diagnostica preliminare deve essere utile per realizzare un progetto che abbia meno imprevisti e maggior efficacia.” Alla stesura della pubblicazione hanno contribuito diverse figure professionali. Il saggio di Monica Molteni sulla storia conservativa, per esempio, ricorda e restituisce gli interventi di restauro compiuti nel corso degli anni sul ciclo di affreschi. Mentre quello di Alessandra Zamperini, docente dell’ateneo scaligero, analizza l’ipotesi attributiva.
Dietro il visibile. La seconda parte del libro illustra i risultati delle ricerche, realizzate con delle innovative tecniche non invasive, condotte lo scorso anno da Paola Artoni e Gianluca Poldi.“Abbiamo una grande fortuna, quella di trovarci sul “luogo del delitto” ha detto Artoni, la quale, insieme a Gianluca Poldi, ha offerto ai presenti una sorta di visita guidata all’interno dell’opera. “Ad esempio, gli angeli nel gesto del canto sono stati realizzati con la tecnica dello spolvero – ha spiegato Artoni -. Un cartone bucherellato che riprende il disegno che poi verrà realizzato. Si tratta di una tecnica molto efficace per tutti quei motivi decorativi che vengono replicati in punti diversi.” Le ricerche spettroscopiche sono state realizzate per la prima volta con il Ftir, uno strumento realizzato dalla “Bruker optics Srl”. “Il costo delle analisi, nell’ordine di una decina di migliaia di euro, è stato donato alla città di Verona dalla sua università” ha precisato Poldi.
Il patrimonio culturale. “Solo vivendo i luoghi possiamo apprezzarne appieno la bellezza – ha detto Paola Marini -. Anche se rimane l’idea che la decorazione sia secondaria alla grande pittura su tela o alla pittura sacra, questa restituisce il senso vivo di una storia vissuta e ancora vivente.” La sala è stata a lungo fuori dalla storia dell’arte. “Questo ha da un lato contribuito alla conservazione degli affreschi, mentre dall’altro non ha permesso di diffondere la conoscenza – ha detto Molteni – in effetti, la sala è rimasta un po’ sconosciuta tra i veronesi.” E in conclusione un augurio, affidato ai frati che hanno in custodia la sala. “Vorremmo che la sala diventi un luogo d’incontro, un luogo di cultura. Perché le cose dei frati non sono mai dei frati, ma sono di tutti, e continuano a vivere proprio perché sono di tutti.”