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Un commento al premio Nobel 2022 per l’economia

L'editoriale di Roberto Ricciuti e Riccardo Fiorentini, docenti di Economia politica nel dipartimento di Scienze economiche

di Elisa Innocenti
12 Ottobre 2022
in Ricerca e innovazione

Dalla bolla dei tulipani del XVII secolo, a quella delle dotcom del 2000, fino al crollo del mercato dei mutui subprime del 2008, le crisi finanziarie hanno segnato la storia economica e gli economisti hanno cercato di individuarne le cause principali. Nel 2022, il Premio Sveriges Riksbank per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel è stato assegnato a Ben Bernanke (Brookings Institution), Douglas Diamond (University of Chicago) e Philip Dybvig (Washington University in St. Louis) per i loro diversi contributi sul tema. 

Diamond e Dybvig con un’analisi teorica rigorosa basata su modelli matematici spiegano perché le banche esistono e mostrano che se il sistema bancario da un lato aumenta l’efficienza dei meccanismi di trasmissione del risparmio verso investimenti produttivi, dall’altro può diventare un importante fattore di amplificazione delle crisi economiche.

Le banche e gli intermediari finanziari in generale sono una risposta efficiente al problema della coincidenza tra risparmio e investimento. Questo problema nasce da due elementi: il fatto che i soggetti che risparmiano (tipicamente le famiglie) non sono necessariamente anche gli stessi che effettuano investimenti produttivi (come le imprese) e il fatto che le prospettive finanziarie temporali sono diverse. I risparmiatori desiderano poter utilizzare il loro risparmio in ogni momento e perciò sono alla ricerca in attività finanziarie “liquide”, cioè rapidamente spendibili mentre i progetti di investimento hanno necessariamente un orizzonte finanziario di lungo periodo.

Agendo da intermediario tra risparmiatori e imprese, le banche riescono a conciliare queste esigenze diverse riducendo sia il rischio di chi presta sia i costi del finanziamento per chi chiede credito. Questo avviene perché le banche raccolgono un pool di risorse dai risparmiatori sotto forma di depositi bancari “a vista” liquidi che poi “trasformano” in prestiti a più lunga scadenza. Senza questa operazione di “trasformazione delle scadenze”, chi chiede credito dovrebbe stipulare contratti diretti con numerosi risparmiatori aumentando il costo complessivo del credito.

Diamond e Dybvig mostrano poi che questa importante funzione di trasformazione delle scadenze è intrinsecamente vulnerabile. Su questo aspetto il contributo di Diamond e Dybvig riguarda la “corsa agli sportelli”, il fenomeno per il quale quando si comincia a dubitare della solvibilità di una banca, i depositanti vanno a ritirare i propri risparmi causando l’insolvibilità della banca stessa, una crisi che si autoavvera.

L’attività bancaria è complicata in quanto, come ricordato, le passività sono a breve termine (i depositi possono essere ritirati immediatamente) ma le attività (i prestiti che le banche concedono alle imprese e alle famiglie, per esempio per i mutui) sono a lunga scadenza. In condizioni normali il sistema funziona perché non tutti hanno bisogno di contanti nello stesso momento. L’esistenza del sistema bancario permette di trovare un equilibrio tra la domanda e l’offerta di fondi e permette al sistema economico di fare quegli investimenti che sono necessari per aumentare le capacità produttive di una economia. Tuttavia, in certe situazioni si crea il rischio della crisi. Se, per qualsiasi motivo, le persone perdono fiducia nelle banche, proveranno tutte insieme a prelevare fondi, costringendo le banche alla svendita delle proprie attività e al limite al loro fallimento, anche se ancora solvibili.

Quali sono le risposte a questo problema? Diamond e Dybvig propongono la sospensione della restituzione dei depositi nel momento in cui si arriva ad una certa soglia di fondi ritirati. Altri strumenti sono una banca centrale che svolge la funzione di prestatore di ultima istanza, cioè che presta fondi a banche solvibili ma a corto di liquidità. Un’altra risposta è l’assicurazione sui depositi, che rassicura le persone che i loro soldi sono al sicuro, almeno fino ad un certo ammontare. Tuttavia, entrambe le risposte creano azzardo morale, cioè possono portare le banche ad assumersi un rischio eccessivo e/o a commettere frodi, in quanto il rischio di fallimento è fortemente ridotto. Per questo motivo è necessaria una regolamentazione finanziaria efficace che eviti i rischi di enormi perdite dovute all’azzardo morale. Ma qui si entra in un altro settore, quello dell’economia dell’informazione, celebrato con il Nobel nel 2001 a George Akerlof, Michael Spence e Joseph Stiglitz.

A Diamond è dovuto un altro fondamentale contributo alla piena comprensione del ruolo delle banche nei moderni sistemi economici, la teoria del “monitoraggio delegato”. Usando la loro esperienza nel valutare l’affidabilità dei richiedenti prestiti e raccogliendo fondi da molti risparmiatori, le banche valutano la rischiosità dei progetti di investimento da finanziare per conto dell’insieme ampio dei risparmiatori e così facendo riducono il costo complessivo dell’attività di monitoraggio del rischio.

Diamond mostra anche che banche sono incentivate a monitorare correttamente la rischiosità dei richiedenti prestiti per il fatto di poter finanziare progetti di investimento diversificati per il rischio usando l’insieme dai depositi dei risparmiatori che per le banche sono una passività sicura dato che la probabilità di un loro ritiro massiccio e contemporaneo da parte dei risparmiatori è normalmente molto basso. L’esistenza di questo incentivo riduce la necessità che a loro volta i risparmiatori debbano spendere risorse per controllare l’attività delle banche stesse così che il problema di chi debba controllare i controllori trova una naturale soluzione.

Su queste analisi teoriche si innesta il contributo complementare di Bernanke che usando dati empirici ha confermato le analisi di Diamond e Dybvig mostrando, in particolare, che durante la Grande Depressione la flessione è diventata così profonda e prolungata perché i fallimenti bancari hanno distrutto preziose relazioni bancarie e la conseguente offerta di credito, con effetti significativi sull’economia reale. L’analisi economica precedente aveva visto i fallimenti bancari semplicemente come una conseguenza della recessione, o importanti per il resto dell’economia solo contraendo l’offerta di moneta, anziché danneggiare direttamente gli investimenti attraverso la sospensione del credito. La politica monetaria, dopo la crisi finanziaria del 2008 e la seguente Grande Recessione e ancora di più durante la crisi della pandemia, ha cercato di evitare crolli dell’attività economica e finanziaria con una forte espansione dei bilanci delle banche centrali.

Nel loro insieme, i contributi teorici di Diamond e Dybvig e storici di Bernanke mettono in luce le caratteristiche e il ruolo degli intermediari finanziari nelle moderne economie, i loro aspetti positivi e i rischi che essi comportano.

Roberto Ricciuti e Riccardo Fiorentini, docenti di Economia politica nel dipartimento di Scienze economiche

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