Ambarabà ciccì coccò tre civette sul comò.
Basta pronunciare poche parole perché la mente inizi a vagare e torni alle giornate da bambino, fatte di sole, di risate tra amici e di immancabili giochi in cortile o al parchetto.
Quella stessa atmosfera amarcord ha avvolto il teatro Camploy nel pomeriggio di domenica 21 settembre. In occasione della chiusura del ciclo di eventi dedicati al Tocatì, il festival internazionale dei Giochi in strada, si è tenuto un incontro sulle filastrocche e le conte che ancora risuonano nella memoria di molti.
A dialogare sono stati Federica Valbusa, docente Univr di Pedagogia generale, e Piero Dorfles, giornalista, critico letterario e conduttore televisivo, che hanno stimolato riflessioni sul confronto tra l’infanzia di ieri e quella di oggi.
Nel suo libro Amblimblé. Rime e riti dei giochi di strada, Dorfles ha raccolto, con un’aria un po’ nostalgica, i giochi e le conte che un tempo animavano quartieri e giardini pubblici.
Ma cosa sono le conte? “Dal punto di vista letterario, sono costruzioni semantiche coloratissime capaci di riscrivere la realtà con la pura e innocente fantasia dei bambini”ha dichiarato l’autore .
I giochi erano semplici, fatti con poco, al massimo un gessetto per tracciare le caselle numerate per la campana o una palla da passarsi.
Ma non si trattava semplicemente di un passatempo. Seguendo una prospettiva pedagogica, Valbusa ha ricordato che “i giochi erano preziosi momenti di condivisione capaci di allenare lo spirito critico, il problem solving e insegnare, attraverso le regole, il rispetto reciproco.
Oggi, quel patrimonio culturale ludico sembra essere quasi dimenticato.
“Il gioco in strada – ha evidenziato Dorfles – ha fatto spazio ad un più cupo gioco solitario, fatto di interazioni meccaniche con un dispositivo elettronico che rischiano di risucchiare i bambini in una bolla virtuale”.
Anche il ruolo dei genitori è drasticamente cambiato: ansie di controllo e supervisioni rischiano di confinare il gioco libero a favore di attività sportive considerate status symbol.
A complicare la situazione, i regolamenti comunali e condominiali bandiscono giochi troppo rumorosi.
Eppure la speranza resta: “Il gioco è una cosa seria” ha ricordato l’assessora Elisa La Paglia, sottolineando la necessità di ripensare gli spazi urbani e scolastici affinché le città possano tornare ad animarsi attraverso lo spirito del gioco.
Quel gioco, ancora oggi, riserva preziosi insegnamenti.
MFD, tirocinante agenzia stampa “UniVerona news”