I parametri ufficiali di Bmi, ovvero l’indice di massa corporea, dell’Organizzazione mondiale della sanità per classificare il sovrappeso e l’obesità non funzionano quando si parla di atleti. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Nutrients, che ha coinvolto oltre 600 atleti maschi e che è stato principalmente condotto nel laboratorio di Antropometria e composizione corporea nella sede di Scienze motorie dell’ateneo di Verona.
La ricerca, guidata da Chiara Milanese e Valentina Cavedon, docenti del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento, ha analizzato i limiti dell’indice di massa corporea (BMI) – parametro universalmente utilizzato per valutare lo stato ponderale – in atleti di differenti sport che gareggiavano a livello regionale, nazionale e internazionale. Gli studiosi hanno confrontato le classificazioni del BMI tradizionale con dati più precisi ottenuti tramite DXA (assorbimetria a raggi X a doppia energia), strumento che misura direttamente la composizione corporea, tra cui la percentuale di massa grassa.
I risultati sono stati sorprendenti: secondo i criteri Oms, circa il 28% degli atleti esaminati risultava sovrappeso o obeso. Tuttavia, la valutazione basata sulla reale percentuale di massa grassa ha ridotto drasticamente questa percentuale, evidenziando che oltre il 96% degli atleti era in realtà normopeso. La discrepanza tra i due sistemi di classificazione è stata marcata, con un livello di concordanza basso (coefficiente κ = 0,169).
Da qui la proposta: ridefinire le soglie del BMI per gli atleti maschi. Il nuovo modello statistico elaborato grazie alla collaborazione con Marwan El Ghoch del dipartimento di Scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze dell’università di Modena suggerisce valori soglia più alti per identificare sovrappeso (≥ 28,2 kg/m²) e obesità (≥ 33,7 kg/m²) in questa popolazione. Applicando questi nuovi cut-off parametri, l’accordo con la classificazione basata sulla percentuale di massa grassa migliora notevolmente rispetto ai valori tradizionali dell’Oms (κ = 0,522). Ciò permette una valutazione più accurata dello stato ponderale degli atleti e coerente con la loro specifica di composizione corporea.
Lo studio non solo apre a una revisione critica dei criteri adottati nei contesti sportivi, ma getta le basi per l’elaborazione di nuove linee guida da proporre agli organismi internazionali, come l’Oms e le Federazioni sportive. I ricercatori auspicano ora di ampliare lo studio includendo atlete femmine, giovani in età evolutiva e in discipline sportive diverse, nonché confrontando atleti professionisti e amatoriali.
La ricerca è frutto di una collaborazione internazionale che coinvolge anche l’università di Modena e Reggio Emilia, la Beirut Arab University (Libano) e diverse strutture sanitarie emiliane.
EI