Può l’educazione rappresentare un antidoto efficace contro gli innumerevoli conflitti del nostro tempo?
A questa domanda ha cercato di trovare una risposta il talk “Tendenze ai conflitti del mondo attuale. Quale compito per cultura ed educazione”, inserito all’interno di Veronetta Contemporanea Festival, tenutosi martedì 10 giugno.
Nel giardino del polo di Santa Marta hanno dialogato Nicola Pasqualicchio, direttore artistico del festival e docente dell’università di Verona, e Patrizio Bianchi, già Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca nel governo Draghi oggi titolare della cattedra Unesco di Educazione, crescita e uguaglianza dell’università di Ferrara.
Il dibattito ha offerto momenti di riflessione sui conflitti contemporanei, sottolineando come le tensioni globali si riflettano anche nelle comunità locali. Bianchi ha individuato nella rottura della relazione umana il vero punto critico: “Siamo in una fase di piena apertura eppure in tutto il mondo prevalgono chiusure. Perché quando perdi il controllo della relazioni sei più solo e ti spaventi. E come ci insegna la storia, quando prevale la paura, prevalgono la chiusura e l’antisistema”
Uno dei temi centrali è stato il ruolo ambivalente delle tecnologie digitali e dei social media. Mezzi apparentemente inclusivi che, in realtà, possono rivelarsi un potente strumento di controllo e pressione capaci di silenziare il dissenso ed escludere in modo silenzioso alimentando nuovi conflitti.
Contro questo drammatico scenario, l’unica arma possibile è ripensare l’intero sistema educativo, dalla scuola primaria sino all’università, orientato alla formazione integrale della persona e verso un’educazione fondata sull’apprendimento continuo, sull’inclusione e sull’affettività.
A tal proposito, Bianchi ha richiamato i tre pilastri dell’apprendimento del rapporto Unesco di Jacques Delors: learning to learn (imparare a imparare), learning to do (imparare a fare) e learning to live together (imparare a vivere insieme).
“È proprio sui banchi di scuola che si sviluppa l’affettività. E se in una società non si sviluppa l’affettività, non resta che il conflitto” ha ribadito l’ex ministro.
In chiusura, ha rivolto un appello ai giovani: «Mi auguro che crescano con la consapevolezza dell’importanza di tre cose fondamentali per la crescita che la mia generazione ha forse dato troppo per scontate: la pace, il welfare e il diritto alla democrazia. Dobbiamo tornare a difenderle».
Michele Francesco D’Andretta, tirocinante Univr News