Un silenzio di ascolto, attesa e contemplazione, interrotto solo dai versi sapientemente recitati da due grandi voci della poesia italiana contemporanea: questa l’atmosfera quasi onirica che ha pervaso la corte esterna del polo Santa Marta durante i primi due appuntamenti serali del Veronetta Contemporanea Festival, la rassegna culturale, organizzata dall’università di Verona, con l’Accademia Filarmonica e il Comune di Verona, in collaborazione con l’Esu e Agsm-Aim e con il sostegno di Biscardo vini e Medianet, che il quartiere universitario ospita dal 9 al 18 giugno.
Maurizio Cucchi e Antonella Anedda i nomi degli autori che il festival ha voluto omaggiare quest’anno, attraverso una lettura dei loro versi, accompagnata dalla guida di Massimo Natale, docente di Letteratura italiana nell’ateneo scaligero.
Maurizio Cucchi, ospite il lunedì sera, ha ripercorso le sezioni della sua raccolta più recente, La Scatola Onirica. “Il libro di poesia non deve essere solo una giustapposizione di testi: gli elementi, anche se differenti sul piano tematico o del linguaggio, devono connettersi tra loro, come un unico organismo. Ho chiamato così La scatola onirica perché penso che tra un capitolo e l’altro, come accade tra le situazioni del sogno, ci siano legami interni”.
Tra le sezioni del libro, il dialogo ha indugiato su versi dedicati ai maestri di Cucchi, primo tra tutti Giovanni Raboni, ai luoghi e ai toponimi che costellano la sua poesia, alla sua Milano e all’arte.
Di arte si è parlato anche con l’ospite del martedì sera, Antonella Anedda, durante il viaggio poetico in cui la voce dell’autrice ha accompagnato gli spettatori, toccando vari temi e volumi. Il recente Historiae, accostato a Notti di Pace Occidentale, in cui tornano i temi di guerra e pace, della poesia come più affidabile forma di storiografia. Poi la raccolta Geografie, specchio dei luoghi della vita dell’autrice, a partire dalla Sardegna, e dell’interesse leopardiano per il non umano, inteso come le piante e gli animali.
“Penso che la poesia si nutra di tanti elementi diversi: storia, cucina, scienza. C’è un radicamento nella concretezza” ha commentato Anedda, paragonando questo radicamento a quello dell’immagine leopardiana della ginestra, da lei descritta come “un umile fiore del deserto, ma anche una pianta pioniera, che si adatta ad ogni tipo di terreno, lo stabilizza e lo migliora. Rispetto a un mondo in evoluzione, anche la poesia può essere una pianta pioniera, che, come la ginestra, in qualche modo resiste, ma sono i poeti che hanno il compito di proteggere la “specie poesia”.
Margherita Centri – Tirocinante Univerona news