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Libri antichi da sfogliare online

L’intervista a don Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca Capitolare, sul progetto di digitalizzazione dei manoscritti

di Roberta Dini
21 Gennaio 2021
in Verona città universitaria

Nulla può sostituire il fascino di tenere un libro tra le mani, ancor più se antico e prezioso, sfogliandone delicatamente la carta, assaporandone l’odore e godendo delle immagini racchiuse fra le pagine, immergendosi nella storia che racconta.

Questo non è, però, sempre possibile, in particolare quando si tratta di manoscritti antichi, il cui uso continuato può irrimediabilmente rovinarli. Per questo è nato il Lamedan, laboratorio di studi medievali e danteschi, per la digitalizzazione dei manoscritti custoditi nella Biblioteca capitolare di Verona, una delle più antiche del mondo, che racchiude, tra gli altri tesori, il noto “Indovinello veronese”, considerato la più antica attestazione scritta della lingua italiana. Il Lamedan è nato dalla collaborazione tra la Capitolare e il dipartimento di Culture e civiltà dell’ateneo, con il supporto del dipartimento di Informatica, con l’obiettivo di creare una banca dati open-access che offra agli studiosi, ma non solo a loro, la possibilità di accedere a nuove descrizioni codicologiche dei manoscritti in formato elettronico e di visualizzare i codici in modalità digitale.

Un progetto che assume un valore ancora maggiore oggi, alla luce dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, consentendo di godere della bellezza dei volumi anche online.  Abbiamo chiesto a don Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca, di raccontarci la nascita del laboratorio, arrivato in questi giorni a lavorare a pieno regime.

Come è nata e come si è sviluppata la collaborazione con l’ateneo?

La storia cammina con le gambe degli uomini e vola con le ali dei sogni. Partendo da questi ultimi devo dire che fin dal mio arrivo alla direzione della Biblioteca Capitolare mi sono chiesto come fosse stato possibile camminare su strade parallele senza incontrarsi, per tanto, troppo tempo. Pensavo che la Biblioteca, uno dei massimi santuari della cultura mondiale, non poteva procedere in solitaria, trascurando il santuario operativo della cultura che è l’università. Questo sogno ha trovato concretezza grazie alla disponibilità e alla passione intelligente di alcuni suoi protagonisti. Penso, in primis, al precedente rettore, Nicola Sartor, convinto sostenitore di questa nuova avventura che oggi trova continuità e identica disponibilità nel nuovo rettore, il professor Pier Francesco Nocini. Ma penso anche a tanti altri. Mi si lasci citare il professor Arnaldo Soldani, il professor Massimiliano Bassetti, il professor Paolo Pellegrini, il dottor Andrea Brugnoli, la dottoressa Daniela Brunelli e tanti altri che qui sarebbe lungo citare. Dire che ho incontrato menti colte e disponibili è poco. Mi verrebbe da dire che con loro mi sento sempre in famiglia.

Qual è l’obiettivo del laboratorio di digitalizzazione?

Sono tanti gli obiettivi. Prima di tutto mettere al sicuro un patrimonio che deve essere custodito per l’umanità, attraverso banche dati e attraverso una capillare diffusione presso tutti i centri culturali del mondo, perché possano accedere a questi dati allargando sempre più lo spazio della ricerca. In contemporanea, digitalizzare i codici, vorrà dire non soltanto studiarli per farne una moderna e adeguata catalogazione, ma metterci dentro il… naso come mai si era potuto fare prima. La tecnica ci consente oggi esplorazioni che sanno di miracolo. Infine, last but not least come dicono gli inglesi, la digitalizzazione è lo strumento indispensabile per progettare quella che in termini moderni chiamiamo Digital Library. Oggi l’esplorazione culturale si serve moltissimo di questi strumenti. Saperli valorizzare adeguatamente è un servizio alla cultura e un modo per ridare vita e slancio per tanti altri secoli ancora a ciò che la storia ci ha consegnato nelle mani perché lo custodissimo e tramandassimo.

Quali benefici potranno esserci anche per i cittadini?

Dividerei i cittadini, e chiedo scusa per questo schematismo banale, ma funzionale solo ad essere più semplici, in tre categorie: gli studiosi, gli amanti della cultura e delle bellezze storiche e coloro che potranno ricevere beneficio dall’indotto di una Biblioteca che torna ad essere protagonista nella città e nel mondo. Per gli studiosi il vantaggio sarà senz’altro quello di un accesso assolutamente più agevolato ai testi custoditi nei codici. Oggi non sempre questo è possibile, dovendo salvaguardare la preziosa fragilità di documenti che hanno sedici secoli o più. Tutto questo con la digitalizzazione ad altissima definizione non sarà più un problema. Gli amanti del bello e della cultura ci hanno già dato una prova del fascino che su di loro esercita questa realtà. Prima della pandemia l’agenda delle visite era sempre intasata obbligando a mettersi in lista d’attesa. Televisioni straniere e italiane, sia nazionali che regionali o locali, sempre più frequentemente chiedevano di potere effettuare riprese che poi venivano trasmesse nei loro palinsesti. Per quanto concerne i benefici dell’indotto sulla città, ritengo che quando riusciremo a ripartire e funzionare a pieno regime, si apriranno molte opportunità occupazionali ma anche molte altre opportunità legate al turismo e ai vantaggi economici di cui è portatore.

Alla luce anche dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, quali prospettive apre la digitalizzazione? Si potranno sfogliare virtualmente libri antichi e manoscritti?

Indubbiamente, come dicevo anche poco sopra, la digitalizzazione è una porta spalancata che non conosce le barriere fisiche che impediscono l’accesso, siano esse un virus, le distanze, la delicatezza dei codici. Quindi ben venga questa possibilità, anche se ritengo che i grandi luoghi della cultura, come succede anche in amore, non possano vivere senza la relazione vera, che è fatta di vedere, toccare, ascoltare ed amare.

Elisa Innocenti

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