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Il premio Nobel al padre dell’Economia comportamentale Richard Thaler

L'editoriale di Luca Zarri sull'assegnazione del premio Nobel per l'Economia 2017

di Elisa Innocenti
19 Ottobre 2017
in Ricerca e innovazione

Il premio Nobel 2017 per l’Economia è stato attribuito all’economista statunitense Richard Thaler, noto per i suoi studi dedicati all’economia comportamentale.

Di seguito pubblichiamo l’editoriale di Luca Zarri, docente del dipartimento di Scienze economiche.

Il premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel, più noto come “Nobel per l’Economia”, è stato attribuito quest’anno a Richard H. Thaler, docente dell’università di Chicago. L’economista americano, come già prima di lui lo psicologo Daniel Kahneman, è stato insignito del prestigioso riconoscimento per avere contribuito in maniera determinante allo sviluppo dell’Economia comportamentale. Ma che cos’è, esattamente, l’Economia comportamentale? In estrema sintesi, la possiamo definire come un programma di ricerca che, facendo ricorso ad ipotesi relative ai processi decisionali degli agenti economici che ambiscono a essere plausibili sotto il profilo psicologico, mira a incrementare il potere esplicativo e predittivo dell’analisi economica. Negli ultimi anni, grazie a questo approccio, la Behavioral economics ha mostrato come numerose scelte di consumo, di risparmio e di investimento delle persone non possano essere ricondotte meccanicamente a un freddo calcolo razionale, ma vengano condizionate in misura rilevante anche da fattori emotivi e distorsioni cognitive di varia natura. Occorre, infatti, tenere presente che, soprattutto oggi, nell’era dell’informazione tendenzialmente illimitata e a portata di smartphone, l’essere umano rischia di essere più che mai disorientato dai mille stimoli a cui è costantemente sottoposto, dal momento che – come aveva già autorevolmente chiarito qualche decennio fa il premio Nobel Herbert Simon – la sua capacità cognitiva è tutt’altro che illimitata.

 

Come è stato sottolineato dall’Accademia reale delle scienze di Svezia, tra i principali meriti di Thaler vi è stato quello di analizzare con rigore i problemi di autocontrollo delle persone ricorrendo a un modello dualistico dei processi decisionali grazie al quale, in linea con importanti risultati ottenuti di recente dalla ricerca psicologica e neuroscientifica, è possibile tenere conto dell’esistenza di una serie di conflitti intrapersonali estremamente comuni e rilevanti. Questo modello è centrato sulla coesistenza, dentro di noi, di un pianificatore, lucidamente orientato al nostro benessere di lungo periodo, e di un esecutore, che invece è pigro, particolarmente sensibile alle “tentazioni del presente” e, quindi, non sempre in grado di attenersi scrupolosamente agli ordini impartiti dal pianificatore. È noto, infatti, che, se siamo fumatori e vogliamo smettere, facciamo fatica a farlo e che, se decidiamo di metterci a dieta o di andare in palestra regolarmente, spesso non siamo in grado di agire coerentemente con i nostri buoni propositi, se non nei primissimi giorni. È proprio in situazioni di questo tipo, nelle quali il ricorso alla sola forza di volontà rischia di rivelarsi frustrante, che possono venire in nostro aiuto dei meccanismi di nudging in grado di indirizzarci verso scelte più lungimiranti. Un nudge – termine che ha dato il titolo al best seller di Thaler e Sunstein del 2008 e che è stato tradotto in italiano come “spinta gentile” –  è un intervento che incide sul comportamento delle persone agendo sulla cosiddetta “architettura della scelta”, ma senza prevedere obblighi o divieti e senza alterare significativamente gli incentivi economici a disposizione delle persone stesse.

 

Tra i concetti che Thaler ha contribuito a sviluppare e a fare conoscere, quello di nudge è verosimilmente il più fortunato, se si tiene conto dell’enorme eco mediatica che ha generato, ma è anche, paradossalmente, il più controverso. Esempi di nudge comprendono la scelta di nascondere, nella propria cucina, i cibi più golosi in punti della dispensa non facilmente raggiungibili, per non essere tentati dalla visione dei cibi stessi, e la decisione, se si intende fare jogging regolarmente, di porsi obiettivi quotidiani via via più ambiziosi ma in maniera graduale, percependo così la singola corsa giornaliera come una sfida lanciata al sé del giorno prima. Come si evince da questi esempi, in molti casi sono le persone stesse che scelgono di ricorrere autonomamente a nudge in grado di fare sì che la saggezza del pianificatore riesca a spuntarla sull’orientamento al piacere di breve periodo dell’esecutore. In altri casi, però, sono “entità esterne” che provvedono ad inserire dei nudge nei processi decisionali delle persone – ad esempio tenendo conto di una serie di deviazioni dalla razionalità classica ampiamente studiate dall’economia comportamentale negli ultimi anni, tra le quali svolgono un ruolo rilevante la sensibilità delle persone alle opzioni di default e l’avversione alle perdite.

 

Queste entità esterne possono essere soggetti, come il policy maker, che, in linea di principio, sono guidati dall’obiettivo di promuovere il benessere delle persone nel lungo periodo, dando vita a politiche improntate a quello che Thaler e Sunstein hanno chiamato, con un felice ossimoro, “paternalismo libertario”.  Ma possono anche essere soggetti che perseguono, invece, finalità differenti – come ad esempio imprese private orientate al profitto che decidano di servirsi di meccanismi di nudging nei confronti dei consumatori. Non a caso, come è stato notato, i contributi di Thaler sono molto citati all’interno della letteratura di marketing. In queste situazioni, l’applicazione del nudging risulta ancora più controversa e, come era naturale attendersi, ha dato vita a un acceso dibattito, tuttora in corso, che riguarda anche le implicazioni filosofiche ed etiche di un approccio fondato sul ricorso alla spinta gentile.

Negli ultimi anni, le intuizioni di Thaler e Sunstein hanno prodotto un enorme impatto sulle politiche pubbliche, ispirando i governi di molti Paesi, compresi Regno Unito e Stati Uniti, nella creazione di agenzie incaricate di sperimentare politiche ispirate al paternalismo libertario in diversi campi, dall’ambiente al fisco e alla sanità, passando per l’istruzione e la previdenza. In diversi casi, la realizzazione di politiche di questo tipo ha consentito di ottenere risultati significativi a costi relativamente contenuti. Si veda, in particolare, il cosiddetto piano “Save More Tomorrow” ispirato da Thaler e Benartzi, che, nel corso del tempo, ha consentito ai moltissimi lavoratori americani che vi hanno aderito di incrementare sensibilmente l’ammontare dei propri risparmi allocato a fini previdenziali.

Thaler è stato premiato anche per i suoi lavori relativi alla cosiddetta “contabilità mentale”, all’effetto dotazione e alla nozione di equità, nonché per il suo decisivo contributo alla nascita della finanza comportamentale, l’ambito di studi che cerca di capire come i fattori psicologici influiscano sulle decisioni finanziarie degli individui e sul funzionamento dei mercati finanziari.

L’offerta formativa del nostro ateneo da diversi anni comprende insegnamenti di Economia comportamentale, sia a livello di corsi di laurea magistrale che di dottorato. Anche nell’ambito dell’ultima edizione della Notte Europea dei Ricercatori, a Verona, è stato condotto un esperimento live su tematiche di economia comportamentale direttamente riconducibili ai fondamentali contributi di Thaler.

 

Luca Zarri ordinario di Politica economica e docente di Economia comportamentale

 

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