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Infarto del miocardio: trigliceridi tra i fattori di rischio

Studio dei ricercatori del Verona Heart Study pubblicato sul New England Journal of Medicine

di univr
24 Marzo 2016
in Ricerca e innovazione

I trigliceridi annoverati tra i fattori di rischio nell’insorgenza dell’infarto. Lo dimostrano, per la prima volta, i risultati di uno studio internazionale pubblicato sul New England Journal of Medicine. La scoperta è stata fatta da Domenico Girelli, Nicola Martinelli e Oliviero Olivieri tre ricercatori del dipartimento di Medicina dell’università di Verona, al lavoro nel Verona Heart Study in collaborazione con  l’università di Harvard e il Mit, Massachusetts Institute of Technology di Boston. Lo studio conferma l’università di Verona e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata della città scaligera leader a livello internazionale nella ricerca sui geni implicati nella malattia cardiovascolare, “killer numero uno” nei paesi sviluppati.

Grazie all’analisi della sequenza degli esomi, porzioni del genoma che contengono le informazioni sulle proteine, dei pazienti in cura nel centro di ricerca scaligero, gli scienziati hanno identificato tre nuovi geni associati al rischio di sviluppare l’infarto: ANGPTL4, LPL, e SVEP1. In particolare, due dei tre geni individuati dai ricercatori, ANGPTL4 e LPL regolano il metabolismo dei grassi che circolano nel sangue e possono accumularsi nelle arterie coronarie formando placche che sono alla base dello sviluppo dell’infarto. A causarle, in questo caso, non è il colesterolo, ma i trigliceridi, il cui ruolo dannoso è rimasto a lungo incerto e controverso.

“La concentrazione dei trigliceridi che circola nelle nostre arterie – spiega Girelli – dipende, innanzitutto dallo stile di vita e dalla dieta. Una vita sedentaria e una dieta con troppi, grassi, dolci e alcol determinano un aumento pericoloso dei trigliceridi. Ora, grazie allo studio sappiamo che alcuni soggetti con mutazioni del gene LPL o con alterazioni a carico di proteine che ne controllano il metabolismo, tra cui ANGPTL4, sono particolarmente esposti al rischio di sviluppare un infarto. Allo stesso tempo abbiamo individuato, nei medesimi geni, alcune varianti protettive che diminuiscono il rischio di complicanze cardiovascolari”. Per questo i ricercatori sono certi che la scoperta apre nuove prospettive in ambito terapeutico. “Mentre per il controllo del colesterolo – aggiunge Olivieri – abbiamo da tempo farmaci molto efficaci come le statine, l’abbassamento dei trigliceridi è più difficoltoso per la mancanza di trattamenti altrettanto efficaci e con pochi effetti collaterali. Anche grazie al risultato del nostro studio lo scenario cambierà a breve con l’introduzione di nuovi farmaci molto efficaci, che purtroppo, in fase iniziale, avranno costi molto elevati. Tuttavia, sulla base dei risultati che abbiamo ottenuto negli ultimi anni di ricerca stiamo lavorando alla messa a punto di test genetici a basso costo e di possibile ampio uso nella popolazione”. “L’obiettivo a breve termine – prosegue Martinelli – è quello di individuare i pazienti a maggior rischio cui destinare tali trattamenti, distinguendoli da coloro che possono giovarsi di strategie meno costose, per garantire un approccio personalizzato che sia, allo stesso tempo, sostenibile per il Sistema Sanitario Nazionale”. “È il principio alla base della cosiddetta “Medicina di Precisione”- aggiungono gli scienziati – su cui il presidente Obama ha recentemente investito la cifra astronomica di oltre 200 milioni di dollari, mentre in Italia i finanziamenti governativi per la ricerca nelle università pubbliche sono in costante declino. “Siamo profondamente grati alla Fondazione Cariverona per il generoso sostegno al nostro progetto – concludono i ricercatori – e ci auguriamo che il Ministero dell’Università e della Ricerca imbocchi con più decisione la via della premialità per gli atenei virtuosi come il nostro, permettendo la stabilizzazione dei molti giovani meritevoli che frequentano ogni giorno i laboratori e le corsie della nostra università”. 

Il Verona Heart Study, dalla sua fondazione nel 1996, ha prodotto più di 60 pubblicazioni di rilievo internazionale, molte delle quali nelle riviste mediche più prestigiose come Nature, Nature Genetics, Lancet, e lo stesso New England Journal of Medicine, contribuendo assieme agli sforzi di molti altri ricercatori scaligeri, al piazzamento dell’Ateneo veronese ai primi posti nelle classifiche nazionali e internazionali per la qualità della ricerca biomedica.

rd

23.03.2016

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