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L'intervento di recupero dell’ex Panificio Santa Marta

Una nuova sede universitaria nel cuore di Verona

di univr
3 Dicembre 2015
in Attualità

Il complesso edilizio Panificio austriaco Santa Marta, 25.000 metri quadrati, è la nuova sede dei dipartimenti di Economia aziendale, Scienze economiche e una parte di Scienze giuridiche nonché sede della nuova biblioteca economica Smec. Un progetto di restauro e ristrutturazione destinato non solo alla comunità accademica, ma all’intera città dato che l’opera rientra in un più vasto progetto di riqualificazione urbana di Veronetta, importante area storica della città.

I lavori sono iniziati a ottobre 2009. Si è proceduto alle opere di restauro e consolidamento con le lavorazioni di pulizia delle superfici murarie e il risanamento delle strutture murarie a volta e del sistema ligneo di copertura. I lavori hanno, inoltre, riguardato le partizioni vetrate, la scala metallica con gli ascensori di connessione verticale, le coperture delle corti ed il complesso apparato impiantistico: centrale termica e sotto-centrali, impianto geotermico e distribuzioni interne. L’intervento nel suo complesso ha un costo di 37 milioni di euro per tutti gli interventi edilizi di recupero e restauro conservativo, per gli arredi e le dotazioni impiantistiche, compresi gli oneri fiscali. Ammonta, inoltre, a 3.650.000 euro l’importo degli interventi finalizzati al risparmio energetico, le energie rinnovabili e l’impianto geotermico, compresi gli oneri fiscali. Il totale complessivo degli interventi ammonta, quindi, a 40.650.000 euro. I costi dell’opera, interamente a carico dell’Ateneo, provengono in parte da accantonamenti di bilancio e in parte dall’accensione di mutui contratti con la Banca europea per gli investimenti, Bei e da Unicredit.

Il progetto esecutivo è stato redatto dall’Isp, Iuav Studi e Progetti, la gara d’appalto per l’aggiudicazione dei lavori è stata vinta dall’impresa Cooperativa Costruzioni S.C. A gennaio 2015 il cantiere, nel suo complesso è stato coinvolto dal fallimento dell’impresa Cooperativa Costruzioni S.C di Modena. I lavori sono stati ultimati in giugno 2015 dalle imprese subappaltatrici risultanti aggiudicatarie delle procedure di gara necessarie al completamento dell’opera. Si è poi provveduto alla taratura degli impianti tecnologici, all’allestimento degli spazi, nonché all’ottenimento delle autorizzazioni dagli Enti competenti per l’utilizzo dell’edificio. Nell’ex Panificio trovano collocazione spazi dedicati a studenti, personale docente, ricercatore e personale tecnico amministrativo: aree destinate a funzioni diverse che si susseguono dal piano interrato al sottotetto. Al piano interrato trovano collocazione 8 laboratori didattici per 302 posti a sedere, un deposito libri di 540 mq che ospita un impianto a scaffali compattabili di 3600 metri lineari e una zona dedicata a una futura caffetteria di circa 350 mq. Al piano terra si trovano una hall di accesso e 11 aule didattiche per un totale di 758 posti a sedere e una zona destinata alle segreterie per gli studenti e per la didattica. Al primo e al secondo piano sono ospitati gli studi dei docenti e gli uffici del personale tecnico amministrativo per circa 160 postazioni lavoro e 7 aule didattiche dipartimentali di cui 3 per i dottorandi. All’ultimo piano trova collocazione una biblioteca di circa 2600 mq, con due sale consultazioni per complessivi 256 posti, un’emeroteca con 64 posti consultazione e 20 postazioni di lavoro dedicati ai servizi di bibliotecari. L’intera biblioteca è allestita con scaffali aperti in grado di ospitare circa 2500 metri lineari di volumi. Sono presenti, infine, ulteriori 30 postazioni lavoro riservate al personale docente dei dipartimenti.

La filosofia dell’intervento. L’intervento di restauro dell’ex Panificio ha una forte componente di recupero delle strutture e degli spazi esistenti: volte e strutture murarie, capriate e copertura, superfici murarie interne ed esterne. L’obiettivo di ottemperare anche a quanto concordato con la Soprintendenza ha comportato una grande attenzione nella conservazione delle finiture superficiali così come giunte sino a noi. Ciò ha messo in luce il fascino del palinsesto delle finiture che nel tempo si sono succedute a partire da quella originaria. L’ottimo stato di conservazione delle murature e l’intento di non intervenire con improbabili ripristini dei trattamenti superficiali originari, ha consentito di mantenere sostan­zialmente inalterato l’aspetto formale delle facciate. Il progetto di restauro è, quindi, puro progetto di conservazione prevedendo principalmente interventi di pulitura e consolidamento, riducendo al minimo il ricorso ad integrazioni e rimozioni. La scelta di non ripristinare l’intonaco è stata condivisa con la Soprintendenza competente, con l’intento di preservare un’immagine complessiva e paesaggistica ormai consolidata e che caratterizza fortemente l’intero contesto ambientale.

Gli interventi per il risparmio energetico e le energie rinnovabili. Il progetto di recupero è stato caratterizzato, fin dalle sue fasi iniziali, dall’obiettivo di curare con estremo riguardo gli aspetti connessi al contenimento dei consumi energetici. Pertanto, preso atto della difficoltà di allacciarsi alla rete cittadina di teleriscaldamento, si è scelto di rivoluzionare l’impianto di produzione di energia termica realizzando un importante impianto geotermico con pompe di calore anziché le convenzionali centrali termiche. L’opportunità offerta dalle energie rinnovabili e le caratteristiche fisiche e geologiche del luogo di intervento hanno portato alla valutazione di fattibilità dell’impianto geotermico per la produzione di fluido termico caldo e freddo, di riscaldamento e raffrescamento, con potenza termica totale di circa 550 KiloWatt. Il sistema impiantistico totale prevede sia la presenza di sistemi delocalizzati di produzione di energia tramite sistema geotermico, sia un polo tecnologico dislocato nella zona dove sono già presenti gli impianti per il Silos. La percentuale di copertura del fabbisogno energetico così ottenuta assume un valore tale da poter considerare da un lato il sistema geotermico come principale sistema di produzione di energia e dall’altro il sistema centralizzato come un sistemadi integrazione e di back-up.

Cenni storici. Lo stabilimento della Provianda di Santa Marta venne costruito dagli Austriaci tra il 1863 e il 1865 in un’area in cui, a partire dal 1212 circa, sorgevano una chiesa e l’annesso monastero. La chiesa, dedicata ori­ginariamente a Santa Maria Maddalena, divenne nel XIX secolo chie­sa di Santa Marta a causa, probabilmente, di un errore di trascrizione nel catasto dei beni del convento e nello stesso periodo venne scon­sacrata e venduta. Acquistata dai cappuccini passò infine nelle mani dell’autorità militare austriaca. Come ne suggerisce il nome, la Provianda era destinata alla produ­zione di pane e gallette, oltre che al deposito e all’amministrazione di altri generi di sussistenza per l’esercito austriaco impegnato nel nord Italia a contrastare le guerre d’indipendenza. Come è noto, tra il 1815 e il 1866 Verona era divenuta il perno del quadrilatero lombardo-vene­to, una regione fortificata in piena pianura Padana i cui vertici erano le fortezze di Peschiera del Garda, Mantova, Legnago, Verona. Così la città scaligera divenne un’importante base logistica e di riforni­mento per le forze asburgiche delle province italiane. Lo stabilimento della Provianda, costruito nell’area di Campo Marzio, progettato da­gli architetti Andreas Ritter Tunkler, Anton Naredi Rainer e Ferdinand Artmann, si sviluppa in uno spazio rettangolare lungo via Cantarane e, originariamente, doveva consistere di tre edifici. Quello adibito ad entrata, tuttavia, non venne mai realizzato. Due corpi fabbrica affian­cati e quasi identici, il Silos di Ponente e il Silos di Levante, costituivano invece i magazzini, progettati dagli architetti austriaci in modo da re­alizzare le migliori condizioni di temperatura e la miglior difesa contro l’umidità, la fermentazione e la proliferazione degli insetti. I due edifici originariamente erano uniti da ponti in ferro ed erano serviti a terra da un troncone ferroviario. Annesso al Silos orientale i progettisti avevano, inoltre, previsto un edificio di un solo piano dotato di dispositivi mec­canici per la pulitura e la macinazione. L’edificio più importante del vasto complesso rimane l’ex panificio destinato alla produzione e alla cottura delle gallette e del pane. Esso serviva inoltre da deposito di fa­rine e di altri prodotti, da ricovero e da officina di forni da campagna. È articolato in tre corpi, due laterali minori e uno centrale maggiore ai cui lati interni, formati da mura più spesse, si allineavano dodici forni separati dai corrispondenti spazi per l’impasto e l’infornata. Con il passaggio di Verona al Regno d’Italia lo stabilimento militare passò sotto la direzione del Regio Esercito che ne mantenne, almeno in parte, la funzione di forno per la panificazione. Da questo momento tuttavia inizia un progressivo ridimensionamento dell’attività di panifi­cazione e gli edifici subiscono numerose trasformazioni. I forni austriaci vengono sostituiti da forni più moderni e solo uno dei due silos, quello di Levante, mantiene la funzione originaria, quello di Ponente invece viene trasformato. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’intero compendio perde la sua funzione produttiva mantenendo quella di deposito materiali e cen­tro di verifica qualitativa delle dotazioni, prevalentemente vestiario, dell’Esercito Italiano.

Ascolta l'intervista all'architetto Mario Spinelli realizzata da FuoriAulaNetwork.
Maggiori informazioni su www.univr.it/polosantamarta

2.12.2015

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