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Influenza A, parliamone senza paura

Intervista a Ercole Concia, Ordinario di malattie infettive e direttore della Divisione Clinicizzata di Malattie Infettive dell'Ospedale Civile Maggiore

di univr
21 Settembre 2009
in Attualità
Ercole Concia

Ercole Concia

Sono 254 mila nel mondo, 46.000 in Europa e circa 2054 in Italia le persone colpite da influenza A(H1N1). Secondo questi dati trasmessi lo scorso 30 agosto dall' Organizzazione mondiale della Sanità le vittime del virus sarebbero circa 2.800, 104 in Europa e solo 2 in Italia. Dati rassicuranti se si considera che la mortalità del virus è dell'1%.

Eppure in Italia dopo la due vittime della nuova influenza si è assistito alla corsa alle farmacie e ai supermercati per l'acquisto di disinfettanti di ogni genere. A Napoli il 4 settembre è deceduto un uomo di 51 anni che soffriva di cardiopatia dilatativa e diabete grave, e il 19 settembre è toccato ad una donna di 46 anni, in coma farmacologico dall’8 settembre e già colpita da una broncopolmonite massiva. I media anziché moderare i toni hanno cavalcato la notizia suscitando notevole allarmismo. "Mi sembra che si stia esagerando. Siamo di fronte ad un'influenza a contagiosità relativamente alta e a bassa mortalità". E’ questa l’opinione di Ercole Concia, direttore del reparto di Malattie Infettive del Policlinico. A lui abbiamo chiesto di aiutarci a fare chiarezza sulla suina e di ipotizzare scenari per i prossimi mesi.

Professore cos’è l’A/H1N1, il virus che causa l’influenza suina?
E’ un virus che nasce dall’unione tra un virus suino e un virus umano. Certamente il primo paziente è stato contagiato da un suino che presentava la nuova unione virale per via aerea o attraverso le secrezioni dell’animale. Nel passaggio dall’animale all’uomo l’A/H1N1 ha acquisito la capacità di trasformarsi. Da subito sembrava essere comparsa una nuova forma virale molto grave. Oggi, invece, con i dati dei decessi alla mano possiamo parlare di virulenza limitata dell’infezione e ci rassicura il fatto che il virus in questi mesi non ha aumentato la sua aggressività né è diventato resistente agli antivirali di cui disponiamo.

Quindi la due prime vittime del nuovo virus non devono farci pensare ad una situazione di allarme?
I dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità fanno pensare ad una situazione non allarmante a livello mondiale. In questo contesto, inoltre, l’Italia è un' isola felice. Ricordo che i casi certi di influenza suina nel nostro Paese sono solo 2000. L’allarmismo ad oggi è infondato. In questi mesi ho visitato 15 pazienti colpiti dall'influenza A. I malati erano nella maggior parte dei casi giovani di rientro da località turistiche. Per nessuno di loro è stato necessario il ricovero perchè il decorso della patologia era di una benignità assoluta.

Come comportarsi per prevenire il contagio?
E’ inutile modificare le normali abitudini sociali: evitare di prendere l’autobus, non mandare i bambini a scuola o stare lontani dai luoghi affollati. Il virus è un parassita obbligato di un macroorganismo e come tale l’A (H1N1) muore in meno di un' ora al di fuori del corpo umano. Il vero rischio di contagio proviene dallo starnuto o dal colpo di tosse di una persona ammalata che anche per un comune raffreddore dovrebbe proteggersi e proteggere gli altri con un fazzoletto, così come sarebbe importante che ognuno stesse a casa quando è influenzato”.

Quali sono i sintomi che devono preoccuparci?
Nei prossimi mesi ci troveremo di fronte a una normale influenza con i soliti sintomi: febbre alta spossatezza, dolori articolari e tosse secca. Il decorso della malattia è di circa cinque giorni. Se dopo il terzo, quarto giorno la febbre non scende nonostante l’uso di antipiretici o se la febbre quasi scompare e torna improvvisamente, allora è il caso di consultare il medico. Ancora di più se la tosse da secca diventa grassa, in modo da evitare complicazioni polmonari.

Come curiamo le persone a cui viene diagnosticata l’influenza A?
Il virus A(H1N1) risponde efficacemente a due molecole: lo zanamivir e l’oseltamvir. La prima viene somministrata ai pazienti in fase terapica. Se al paziente fosse diagnosticata la febbre suina lo zanamivir servirebbe a ridurre i sintomi dell’infezione e ad accorciare il decorso della malattia. L’oseltamvir, invece, agisce in quei pazienti che vengono trattati in profilassi. Viene cioè somministrato a tutti coloro che sono ipoteticamente stati contagiati dal virus poiché a stretto contatto con il paziente già infettato. Il sistema sanitario nazionale ha da mesi provveduto a fare scorta di questi antivirali di cui dispone ogni centro sanitario territoriale. Ricordo comunque che si tratta di farmaci e non di un’alternativa al vaccino che vanno assunti solo in caso di assoluta necessità ed esclusivamente sotto prescrizione medica. Il fai da te va evitato perché i loro effetti collaterali sono stati misurati su un numero limitato di persone e, quindi, non li conosciamo fino in fondo.

Quale strategia di prevenzione?
Probabilmente tra metà dicembre e metà gennaio assisteremo al picco contemporaneo di due influenze: quella stagionale e la nuova influenza. Il vaccino è come ogni indicato per le categorie a rischio. Credo, però, che più persone si vaccineranno per la normale influenza meglio gestiremo la situazione. Saremo di fronte a due epidemie e dovremo ridurre il più possibile i casi di influenza stagionale per evitare di intasare gli studi dei medici di medicina generale e i Pronto soccorso.

Quali saranno le modalità di vaccinazione?
Il vaccino per il virus dovrebbe arrivare nelle Ulss e negli ambulatori dei medici di famiglia dal 15 ottobre. Non sarà venduto in farmacia, ma sarà gratuito e lo somministreranno i medici di famiglia e i pediatri di base. Sarà somministrato in due dosi: una prima iniezione e il richiamo a distanza di un mese. In totale tra ottobre e febbraio il 40% della popolazione italiana sarà vaccinata. I primi ad essere richiamati, secondo quanto stabilito dal Ministero della Salute, saranno i soggetti detti socialmente utili: i sanitari, le forze dell’ordine e la protezione civile, il personale di enti e società di servizi essenziali, i donatori di sangue periodici, e le donne al secondo e al terzo mese di gravidanza. Poi sarà la volta di quella parte della popolazione definita “a rischio”. Tra novembre e i primi giorni di dicembre il vaccino dovrebbe essere somministrato anche alle persone tra i 6 mesi e i 65 anni con particolari patologie, infine toccherà ai giovani tra i 18 e i 27 anni e ai giovanissimi dai 6 mesi ai 17 anni”.

Il vaccino è sicuro?
Le aziende farmaceutiche hanno fatto miracoli dato che il virus è stato isolato nei primi giorni di maggio e consegnato alle aziende a giugno. Se, come previsto, il numero più consistente della popolazione sarà vaccinato a gennaio allora i sei mesi necessari per testare efficacia e sicurezza di un qualsiasi vaccino saranno passati.

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